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RIVISTA LA ROMA – Schegge di memoria: I gol non muoiono mai… Antonio Valentín Angelillo

Il Prof. Paolo Marcacci nella sua rubrica “Schegge di memoria” di questo mese rende tributo ad un grande del calcio non solo romano… Antonio Valentín Angelillo.

Come sempre per i nostri amici digitali, un piccolo assaggio… Vi aspettiamo in edicola!!!


Se n’è andato lo scorso 5 gennaio, dopo una vita spesa tra due continenti e tante maglie; una vita intensa, di scelte anticonformiste e gol disseminati ovunque. Ci lascia in eredità un record tuttora imbattuto, storie di vita intensa da raccontare e, soprattutto, anni importanti con la maglia giallorossa.

L’Argentina è un piroscafo d’inizio secolo, valigia di cartone spesso, vita da imbarcare verso l’ignoto, speranza da scorgere oltre l’attracco di un molo; è farsi forza tra connazionali spauriti che sanno soltanto ciò che hanno lasciato, poco o tanto che sia; dialetti italiani che si scontrano senza mescolarsi; terra a volontà e fatica ancora maggiore, orizzonte a perdita d’occhio; oceano alle spalle e oceaniche praterie; verde che genera carne succulenta; carne sensuale che si agita in una danza malinconica, amore e morte che si sfiorano le labbra, baci che profumano di malinconia torbida, ombre e veli che si rincorrono, scoprendo lembi di pelle candida.

L’Argentina è un contrasto perenne, vicinissima e lontana, come un fratello che scopri dalla parte opposta del mondo, dove il caldo e il freddo si scambiano il posto, e la vita può anche sporcare la faccia degli angeli.

L’Argentina è un mastodontico aeroplano del secondo dopoguerra, un cognome italiano che porta in dote gol esotici, è tutto il benessere che può dare la palla, perché da quelle parti preferiscono declinarla al femminile, come una divinità pagana che da una scaletta fa scendere milioni di Lire incarnati da un centravanti. Un centravanti? Forse più una mezzala, un attaccante libero di svariare in nome del proprio talento, dell’estro con cui la sensibilità latina avvolge la concretezza europea: mai fine a se stesso, il talento degli argentini; sempre bello per quanto è utile, spietato nel momento in cui la platea si stropiccia gli occhi.

(…)


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