CAMPIONATOSTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

ROMA-ATALANTA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Pensiero personale prima della partita? Quello di tanti. Sarà tostissima; l’avversario sta meglio e, soprattutto, aleggiano ancora su tutti le scorie della dolorosa cessione di Strootman.

Poi la Roma segna, gran goal di Pastore, dopo 2’: l’illusione di aver messo la gara in discesa evapora velocemente col passare dei minuti. Roma-Atalanta, infatti, ricorda ogni secondo di più quello orribile dello scorso gennaio, successivo al famigerato video di Nainggolan.

Nel primo tempo, dopo poco più di mezz’ora, l’Atalanta aveva battuto otto calci d’angolo: in trasferta, all’Olimpico. Brava di certo la squadra di Gasperini, tra l’altro senza titolari per lei importanti; ma davvero male la Roma.

Di cui mi piaceva la scelta iniziale di Di Francesco di togliere Pastore dal ruolo di mezzala. Lo sviluppo della gara, subito dopo il vantaggio, ha visto però i giallorossi subire la pressione avversaria e moltiplicare gli errori (alcuni anche gratuiti) in fase di appoggio, regalando occasioni.

E goal, come il secondo, dove Manolas si comporta come se non avesse mai affrontato la forza fisica di Zapata. Il primo tempo finisce 1-3 ma poteva andare peggio, visti alcuni salvataggi (De Rossi, Florenzi) quasi miracolosi.

All’intervallo fuori Cristante – che non ripete i buoni minuti di Torino – e Pellegrini, di cui ho grande stima ma che deve iniziare a mostrare appieno le proprie qualità.

Entrano Nzonzi (buon esordio) e Kluivert, con una risposta emotiva e tattica (passaggio al 4-2-3-1) positiva. Ci pensa il sempre troppo disprezzato Florenzi (in bocca al lupo per l’infortunio) ad accorciare le distanze. Poi arriva in parte il riscatto di Manolas, che realizza il 3-3.

A Džeko (di testa), Schick (su di lui miracolo di Gollini) e Kluivert (troppo lento nel calciare) le palle buone per il 4-3 che non arriva. Punto guadagnato? Sicuro, visto come si era messa la partita.

Ma, risultato a parte, resta la solita consapevolezza: quando si cambia radicalmente la squadra e si tolgono certezze ogni estate, per ricreare conoscenze e convinzione ci vuole tempo.

Quel tempo prezioso che può determinare il raggiungimento di un obiettivo minimo piuttosto che di un altro ben più importante.

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