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PENSIERI E PAROLE di Paolo MARCACCI

Solo dune di sabbia e pacchi di petroldollari: dev’essere questo il paesaggio che si scorge attorno a Gedda, in Arabia. Il tutto mentre Carlo Freccero si eccita un po’, parole sue, nel vedere le signore arabe col velo sul volto e gli occhi truccati. E mentre si leggono articoli, sull’argomento Supercoppa (e supercoLpa), in cui ci viene ricordato che la birra e i würstel sono cose da uomini e l’alimentazione alternativa e gli agriturismi cose da donne. Italia, 2019.

Che Juventus e Milan, obietta qualcuno, si sarebbero contese un trofeo nazionale ufficiale in un paese un po’ distante dalla tutela dei diritti civili, si sapeva da molti mesi, quindi è ipocrita che l’indignazione esploda soltanto negli ultimi giorni. Noi potremmo anche aggiungere che nella graduatoria dell’illiberalità in certi stati, Arabia compresa, i settori allo stadio riservati a soli uomini sono una quisquilia rispetto, per esempio, all’omicidio di giornalisti ritenuti scomodi dai regimi e dalle teocrazie vigenti. Però meglio un’indignazione tardiva che una soporifera accettazione, parlando di opinione pubblica; che poi una parte della politica ora arranchi dietro a quest’argomento per provare ad accendere un altro riflettore su di essa, fa parte delle nostre ricorrenti ipocrisie nazionali e istituzionali.

Il problema è che il nostro calcio, a cominciare da chi lo dirige, continua a farsi trasportare dalle maree del momento, spesso senza avere cognizione o coscienza nemmeno delle battaglie civiche di cui si fa, giustamente ma molto poco consapevolmente, testimone e portavoce. È per questo motivo che che è del tutto normale scendere in campo a novembre con un segno rosso sul viso, simbolo della lotta contro la violenza di genere, per poi a gennaio presentarsi sorridenti a Gedda, in Arabia, dove una donna single non può ambire a un tagliando per vedere sbraitare Gattuso a bordo campo. C’è anche una forma di innocenza, in questo, paradossalmente: non ci avevano pensato, semplicemente, come in mille altri casi, anche a causa di un ragionamento sempre più istituzionalizzato: meglio l’uovo oggi che la gallina domani. È il calcio di chi si accontenta, di chi è incapace di programmare; ecco perché guardiamo alla Premier League e alla Liga come se fossimo scugnizzi col naso appiccicato al vetro d’una pasticceria di lusso.

Chissà se il pensiero sfiorerà qualche dirigente di lega, o della federazione, al risveglio davanti all’orizzonte di Gedda, tra dune di sabbia e pacchi di petroldollari.

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