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CHIEVO-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

La superiorità è acclarata in partenza, dal punto di vista tecnico. Che la si riesca a dimostrare, come testimoniano partite più o meno recenti, è tutto un altro paio di maniche. Per questo, complice la formazione iniziale, complici gli umori mutevoli quanto le prestazioni, al momento in cui Abisso fischia l’inizio non si è del tutto certi di quanto sia lecito attendersi.

Il Chievo fa quello che ci si attende: pressing, dinamismo, ricerca ossessiva dell’anticipo. Attesa del varco giusto, che a bocce ferme temono un po’ anche i romanisti, che ne hanno viste e vissute troppe negli ultimi tempi.

Ufficialmente è un 4-3-3, quello della Roma, come tutti si affrettano a schematizzare virtualmente; in realtà nelle varie fasi di gioco si ammira la disposizione di El Shaarawy a coprire una metà campo abbondante; quella di Dzeko a ricavarsi una posizione quasi da regista avanzato, col piede di sempre e la lucidità di stasera.

Dal lato destro dell’area nasce il doppio vantaggio giallorosso del primo tempo: Sorrentino si vede prima scavalcato dallo scavetto elegante di El Shaarawy, poi fulminato dal tracciante rasoterra, a incrociare sul palo più lontano, che Dzeko piazza dopo una finta sontuosa: vero colpo da biliardo, summa del bagaglio tecnico di un giocatore che forse solo quando andrà via capiremo che grande qualità ci abbia fatto ammirare.

Continuano a piovere troppi cartellini, si continua a eccedere nel gioco pericoloso, in maniera velleitaria, Zaniolo in testa: dopo 20’ lui e Cristante sono già sul taccuino di Abisso. Un peccato, una serie infinita di leggerezze, la maggior parte delle quali francamente evitabili.

Quando Kolarov piazza il diagonale perentorio dello 0-3, rivolge un inchino al settore ospiti: nel gesto c’è l’ossequio a un pubblico dal quale è stato fieramente osteggiato negli ultimi tempi; ci si interroga su cosa ci sia nell’espressione del volto. Anche in questo caso fioriranno interpretazioni e illazioni. Lo abbiamo appena fatto anche noi, in fondo.

Quando Florenzi rileva Schick, quest’ultimo (che ha lottato più di quanto si sia notato) evidenzia un indolenzimento muscolare. Dita incrociate, per l’ennesima volta.

Steven NZonzi protegge la palla e ne asseconda lo scorrimento fluido, anche se apparentemente scolastico. Fa parte di quella categoria di giocatori che vanno visti più di una volta, possibilmente dal vivo.

L’ultimo quarto d’ora è di Daniele De Rossi e non è già più Chievo – Roma: è l’inizio della rifinitura prima del Porto.

Una traversa e un palo pure stasera, ma stavolta è contabilità innocua; rimane però la spia accesa sul tanto, troppo che in ogni partita non viene capitalizzato, dopo essere stato prodotto a livello di occasioni.

Finale per Kluivert in luogo di El Shaarawy (applausi).

3’ di recupero, giusto il tempo per considerare che Alessandro Florenzi va recuperato innanzitutto dal punto di vista emotivo, poi da quello ambientale alla causa romanista; poi, per fare i complimenti a Mirante, reattivo e attento tra i pali, a prescindere dal livello di pericolosità dell’attacco clivense.

A martedì, con gli umori in rialzo.

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