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PENSIERI E PAROLE di Paolo MARCACCI

La verità è che noi nemmeno li conoscevamo. Non è un modo di dire, tantomeno un’iperbole frutto dello sfottò, nell’imminenza del derby. È che per noi non c’erano davvero. Ne sentivamo parlare ogni tanto, come accadeva per quei parenti che vivevano lontano, lontanissimo: quelli che erano emigrati tanti anni prima, per esempio. Con la differenza che quelli almeno per Natale ci faceva piacere sentirli, anche perché mandavano qualche regaluccio. La Lazio invece era soltanto un qualcosa di mitologico…beh, no; diciamo di patologico che qualcuno dei nostri conoscenti più anziani giurava di ricordare in Serie A e di conseguenza di averla vista contrapposta alla Roma, due volte l’anno salvo Coppa Italia. 

Ora, noi, ragazzini nati all’inizio degli anni settanta, la Lazio la vedevamo o, per meglio dire, la leggevamo quando a metà di “Novantesimo Minuto” ci si abbatteva addosso, un po’ tra capo e collo, la classifica del campionato cadetto. 

– Sai cos’è il derby, Paolino? –
– Ehm…un concorso ippico che si tiene in Inghilterra? –
– Si vabbè; ma pensa al calcio, a due squadre di una stessa città…-
– Ah già! Come succede quando gioca la Juventus contro il Torino, o l’Inter contro il Milan…-
– E la Roma contro la Lazio, Paolino! – 
– Sì ma quello non può succedere, lo sanno tutti! – 
– Ma che dici mai? Perché non dovrebbe succedere? –
– Perché la Lazio sta in Serie B! –
– Va bene, ma può tornare in Serie A! –
– Ahahaah! Buona questa! Guarda che l’ho capito che la Befana non esiste…comincia pure lei per B! –

Poi un giorno la Lazio in Serie A ci tornò davvero e la cosa ci fece davvero un effetto strano, un po’ come la puBertà: vederli nella massima categoria ci disorientò al pari della voce che si ingrossava e dei peletti sotto le ascelle.

Però col tempo alla loro presenza ci abituammo un po’: non perché avessimo capito che avevano un senso, ma perché servivano a risollevarci il morale nei giorni in cui eravamo più tristi. E poi non ci sentivamo mai soli: sapevamo con certezza assoluta che, in qualsiasi momento delle loro giornate, loro stavano pensando a noi.

E oggi, a tanti anni di distanza, saranno almeno un po’ cambiati? Avranno smesso di considerarci la loro ossessione? Francamente siamo un po’ scettici a riguardo, visto che hanno appena assunto un esorcista.

Però in fondo non danno fastidio e, se vogliamo, hanno anche una funzione socialmente utile: ricordare a ogni romanista che, per quanti errori possa aver commesso nel corso della sua esistenza, perlomeno ha azzeccato la squadra del cuore.

Quindi, ogni volta che ricorderanno di essere nati prima, sarà bello pensare che hanno iniziato ad avere un senso soltanto dal momento in cui siamo arrivati noi. E un bel giorno arrivò pure il derby che aspettavano tanto, ma un gol di Volk inaugurò la loro infinita serie di “Volevano vince, ma”.

Ma cosa? Ah già, si parlava della Lazio: nulla di importante. Che vinca, o che perda.

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