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PENSIERI E PAROLE di Paolo MARCACCI

Non era solo un discorso di folclore: quella era la motivazione per qualche secondo in più di servizio a “Novantesimo minuto”. E non era nemmeno “Il derby del sud”, come lo chiamavamo tutti: quella era una definizione che m’ha sempre fatto pensare a un Palermo-Reggina, o un eventuale Catania – Catanzaro, con tutto il rispetto.

No. Punto. Azzeriamo le definizioni giornalistiche. Roma – Napoli ai tempi del gemellaggio era (e potrebbe tornare a essere) un avvenimento che, dal rettangolo di gioco in su, rappresentava la sintesi della civiltà mediterranea. Troppo? Secondo me no: la capitale del mondo e cuore pulsante della civiltà latina opposta con rispetto alla città che è il crocevia per eccellenza di ogni cultura, a cominciare da quella greca. Nelle inflessioni dialettali che progressivamente mutavano da una curva all’altra, nel passaggio delle tribune, anche la storia linguistica d’Italia, la sua frammentazione, le influenze subite e inglobate, le reminescenze spagnole, quelle francesi.

Più banalmente, parliamo dei colori? Chiedete ai registi di Sky cosa rappresenterebbe, oggi, a livello televisivo (oltre che per chi assisterebbe alla partita allo stadio) la possibilità di inquadrare spalti gremiti e con la variegatura cromatica che dalle varie tonalità romaniste sfuma nel celeste di un cielo non laziale, soprattutto nei pomeriggi di sole.

Infine, a esaltare il quadro culturale, filosofico, artistico, ci si mettevano i giocatori: io so, come disse Pasolini; però a differenza di lui lo posso anche dire, perché li ho visti dal vivo e mai dimenticati. Ho visto Apollo e Dioniso contendersi un rimbalzo a centrocampo; ho visto il senso apollineo di Falcao nel prevedere l’azione prima che nascesse e ho visto Dioniso sotto l’ombrello di ricci di Maradona che stordiva la palla facendola più tonda di quanto la geometria avesse previsto.

Non so come si possa declinare nel dialetto partenopeo, chiedo anzi l’ausilio di un traduttore; posso però dirvelo alla romana: Roma – Napoli ai tempi del gemellaggio…c’aveva davvero, anzi davero i controcazzi.

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