RASSEGNA STAMPASTADIO DELLA ROMA

L’Avvocatura: “Lo stadio si deve fare”

(IL TEMPO, Magliaro) Vecchie e nuove storie che si incrociano sulla via di Tor di Valle e dello Stadio della Roma: oggi pomeriggio, in scena al IX Municipio, quello entro cui ricade proprio l’area del progetto Stadio, va la votazione sulla delibera Grancio/Fassina che chiede l’annullamento d’ufficio della delibera Raggi sul pubblico interesse. E, contemporaneamente, dopo l’incontro della scorsa settimana fra l’Avvocatura capitolina e i consiglieri pentastellati Campidoglio e nei Municipi, dai cassetti spunta fuori il parere ufficiale che la stessa Avvocatura diede a Virginia Raggi a gennaio 2017. Un parere (protocollo RF/2017/4672) redatto da Rodolfo Murra, allora in forza alla squadra dei legali del Comune, e contro firmato dal capo dell’Avvocatura, Carlo Sportiello.

Il parere – si legge dagli atti – venne richiesto il 13 gennaio 2017 dal sindaco Raggi che domandava all’Avvocatura se la delibera Marino potesse essere annullata d’ufficio; quale fosse il reale «peso» giuridico della dichiarazione di pubblico interesse e, infine, quale fosse la posizione del proponente. Già allora Murra, nel rispondere ai quesiti, fu piuttosto chiaro: dopo aver effettuato le analisi della giurisprudenza, scriveva che in caso di revoca «il proponente pur non potendo accampare diritti alla realizzazione dell’opera potrebbe essere legittimato a richiedere quanto meno il rimborso degli oneri vivi occorsi per la progettazione definitiva». In soldoni: nel 2017 la revoca avrebbe comunque comportato un risarcimento danni. Non solo.

Secondo passaggio fondamentale: in caso di annullamento si poteva prefigurare «la colpa» da parte del Comune, ovvero «l’emissione di atti inizialmente favorevoli poi ritirati che hanno creato affidamento nella loro legittimità» cosa che avrebbe comportato il «conseguente rischio dell’accoglimento» della richiesta di risarcimento. Anche qui, in sintesi: alto rischio di risarcimento danni per aver «ingenerato il convincimento nel destinatario l’incolpevole convincimento di poter legittimamente procedere». E questo era l’anno di grazia 2017: Paolo Berdini era ancora assessore (sarebbe stato allontanato a San Valentino) e solo il 24 febbraio, quindi oltre un mese dopo il parere Murra, la RaggiBaldissoni e Parnasi avrebbero concluso il nuovo accordo sfociato poi nel progetto rivisto, nella nuova delibera di pubblico interesse (giugno 2017) e nella nuova Conferenza di Servizi.

Allora c’era da cassare solo una delibera, quella Marino/Caudo. Oggi,invece, bisognerebbe cancellarne due, Marino e Raggi, e, in più rispetto al 2017, ci sono altri elementi che rendono impraticabile qualunque marcia indietro: questa è la stessa maggioranza che ha votato il pubblico interesse nel 2017 e, secondo, si è anche avuto il via libera dalla Conferenza di Servizi decisoria. Tutti elementi, incluso il trascorrere del tempo e i lavori preparatori a variante e convenzione urbanistica, che finiscono per rafforzare «il convincimento di poter legittimamente procedere» da parte della Roma.

Ecco, quindi, che la giornata odierna nel IX Municipio cessa di avere una vesta giuridica che per altro non ha mai avuto dato che si tratta di un parere non obbligatorio e, men che meno, vincolante. Ma assume contorni politici molto netti: il risultato è in bilico. L’aula municipale dovrà esprimere semplicemente un parere su una delibera, quella Grancio/Fassina, la cui inconsistenza giuridica(improcedibile l’annullamento in autotutela della delibera Raggi) non ne attenua però la portata politica. E, di certo, qualunque sia l’esito del voto, esso riattizzerà ancora una volta le polemicheche sono l’unica cosa davvero inutile nell’intera vicenda.

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