RASSEGNA STAMPA

Roma cinica, silura il fedele De Rossi

(IL FATTO QUOTIDIANO, Ziliani) Domanda da un milione di dollari: secondo voi c’è una persona, al mondo, che alla notizia dell’addio di Daniele De Rossi alla Roma sia corsa a stappare lo champagne ubriacandosi fino a notte fonda? La risposta è sì. Ma se pensate che si tratti di un nemico personale del capitano giallorosso, toglietevelo dalla testa. La sola persona al mondo felice per il fine corsa di De Rossi alla Roma è un collega calciatore, russo, di ruolo portiere, di anni 33: si chiama Igor Vladimirovic Akinfeev ed è il portiere che ha difeso la porta della Russia nell’ultimo mondiale, giocato ad alto livello: basti ricordare i rigori parati a Koke e Aspas negli ottavi vittoriosi contro la Spagna o quello parato a Kovacic nei quarti, non sufficiente, quest’ultimo, a qualificare la Russia alle semifinali.

Okay, direte voi, ma che ci azzecca Akinfeev con De Rossi? C’entra moltissimo, e ve lo spieghiamo subito. Anche se pochi lo ricordano, il 27 aprile di un anno fa Capitan Futuro venne premiato dall’Uefa come “giocatore più fedele d’Europa” nella classifica dei calciatori in attività che in carriera hanno indossato per più stagioni una sola maglia. Era dai tempi di Cannavaro “Pallone d’Oro 2006”che un italiano non riceveva un riconoscimento dalle mani dell’Uefa. E il bello era che De Rossi, alla sua 17ª stagione con la Roma, il club che lo ha cresciuto fin da piccolo, riceveva idealmente il testimone da Francesco Totti, ritiratosi dall’attività – e dalla militanza nella Roma – addirittura dopo 25 stagioni, un quarto di secolo esatto. E insomma, nonostante nel “Pianeta Pallone” la sola religione conosciuta sia quella del Dio Denaro, questo primato di fedeltà a una maglia, a un amore giovanile, a un sentimento, primato tutto italiano, anzi, tutto romano, era parso a noi degno di nota.

Nella motivazione, l’Uefa aveva voluto riportare le parole che proprio De Rossi aveva rilasciato ai suoi microfoni a inizio stagione: “Il rapporto con il club inizia quando sei ragazzino – aveva detto Daniele – e per me questo è sempre stato la Roma. Poi è diventato il mio lavoro, ma il grande amore per la squadra è rimasto ancora lì. Ho iniziato a sostenere la Roma da ragazzo e la mia personalità mi ha portato a sostenere il club con tanto fervore. Anche mio padre ha lavorato e sostenuto la Roma, ma non in modo fanatico come me”.

È andato avanti ancora, dal giorno del premio, Daniele; portando a 18 il numero delle stagioni e a 458 le partite giocate, fino all’annuncio , dolorosissimo, della settimana scorsa. “La Roma mi ha comunicato che non le servo più: giocherò ancora, ma non potrò più continuare a farlo qui”. Alzi la mano chi non si sia commosso, non abbia provato un profondo, lancinante dispiacere. Forse, mentre si accingeva a stappare lo champagne, avrà faticato a tenere a bada un po’ di tristezza anche Igor Vladimirovic Akinfeev, il 33enne portiere russo nato, cresciuto e affermatosi nel CSKA Mosca, 16 stagioni e 410 partite, ad oggi, con la maglia del suo unico club. Akinfeev, anche lui un campione, nella classifica dei giocatori più fedeli d’Europa era secondo: da agosto diventerà primo. Perché Capitan Futuro continuerà a giocare, sì, ma non potrà più farlo con la maglia della Roma. Peccato. Quel premio era un “made in Italy”di cui sarebbe stato importante sentirsi fieri. Qualcuno non l’ha capito.

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