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ANNO ZERO. A PROPOSITO DI EDIN…

di Paolo MARCACCI – Si potrebbe anche intitolare Anno Dzeko, stavolta, perché è di lui che parliamo e, fortunatamente, ne possiamo parlare ancora come giocatore della Roma. È meglio, almeno stavolta, prima scrivere e poi consultare le pagelle sui quotidiani di oggi; ben sapendo che troveremo giudizi e relativi voti nei quali le occasioni da rete mancate peseranno moltissimo, come è quasi sempre giusto che sia. In quel “quasi” sta la specificità di Dzeko, il quale anche al Bentegodi ha lavorato – in alcuni casi diremmo cesellato – decine di palloni a beneficio di vari compagni, di reparto e non, di testa e di piede. Con la qualità che sappiamo, perché almeno quella nemmeno i suoi più irriducibili detrattori possono più metterla in discussione. In realtà sarebbe bastata la sua carriera precedente l’arrivo nella capitale, gol compresi, a definirne il pregio tecnico e a dirci che Dzeko ha le credenziali per rientrare nei dieci attaccanti più importanti della storia romanista, ma lasciamo andare. 

Continuano ad esserci le occasioni mancate, è vero e anche ieri un paio di volte Nìcolas ha fatto un figurone perché al bosniaco è mancato un quid di cinismo in più; bisogna però aggiungere che per ogni gol mancato ci sono un assist o un pallone recuperato, protetto, giocato a beneficio di qualche compagno al quale i fondamentali di Dzeko hanno consentito di salire e ricavarsi un varco in area. 

La Roma segna ancora troppo poco? È colpa di tutti e quindi in percentuale anche sua, ma se lo si continua a giudicare dai gol, cercando sempre ciò che gli manca per essere un grande centravanti – cosa che non è, non del tutto – si continueranno a sottostimare tutte le grandi qualità tecniche e atletiche che ne fanno un grande attaccante, che è cosa un po’ diversa, ma non meno utile. 

 

 

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