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COLPI DI SOLE di Paolo MARCACCI

Proviamo a “far finta” che sia già accaduto; immaginiamo che sia già diventata ufficiale la cessione di Radja Nainggolan all’Inter. Un po’ per dilettarci nel proverbiale autolesionismo romanista e un poco anche per avere maggiore lucidità di giudizio, immaginando che sia già storia ciò che per ora è soltanto cronaca di una trattativa dall’esito oramai quasi scontato.

Ci proiettiamo in avanti per non cadere all’indietro, quindi, in modo tale da poter giudicare gli anni di Nainggolan in maglia giallorossa, da ogni punto di vista, senza la speranza residua di una sua permanenza.

A chi scrive resterà sempre il pregiudizio positivo generato da due dati di fatto, non confutabili: il calciatore non si è mai risparmiato, l’uomo non si è mai nascosto. È ovvio come questo ragionamento sia innescato dall’elevato valore che il belga ha dimostrato in campo, perché altrimenti non staremmo qui a parlarne, né a rimpiangerlo preventivamente.

Il fatto è che, mentre ad altri è stato spesso perdonato più di qualcosa in nome del rendimento e dell’impegno in campo, Nainggolan stia per andar via con una sorta di “conto” presentatogli non si capisce bene da chi, né in nome di cosa. Se parliamo di comportamenti – vocabolo tanto caro a Spalletti che sta facendo carte false per averlo, ironia della sorte – del numero quattro ancora per poco giallorosso possiamo soltanto dire che i suoi hanno sempre aiutato la Roma, in queste stagioni, per la statistica del rendimento e per il peso specifico dell’apporto tecnico-atletico che ha sempre fatto sentire, in positivo, in decine e decine di partite, a cominciare da quelle importanti, magari quelle stesse in cui più di un suo compagno rappresentativo e blasonato ha perso la testa inficiando e condizionando la prestazione collettiva e il risultato.

Siccome in questi giorni una parte della stampa e della comunicazione cittadina si sforza di precisare che la cessione avverrebbe anche per cause “comportamentali”, ci piacerebbe che questo aggettivo venisse spiegato nei dettagli e suffragato da episodi. Però quando viene richiesta questa precisazione scattano subito l’imbarazzo e l’inconcludenza dialettica di chi non sa trovare elementi per suffragare una tesi che di certo fa comodo a chi è d’accordo con l’idea di cederlo (per forza all’Inter?), ma che fatica a trovare elementi che la giustifichino. Anche perché ci vorrebbe ben altro che un banale ed evitabile video di Capodanno – non una notte qualsiasi – per il quale il giocatore e la stessa Roma pagarono subito nella partita interna contro l’Atalanta.

Se proprio dovessimo trovare qualcosa da rimproverare a Nainggolan, forse diremmo che se fosse più ligio nel privato sarebbe un giocatore ancora più forte, ma questo riguarda la sua carriera e le sue ambizioni, non ciò che ha dato alla Roma, perché per quello è stato sempre acclamato e applaudito da un pubblico che ha fame di impegno e di un’altra cosa, che pochi giocatori oggi si preoccupano di mostrare: l’appartenenza. Ecco, di lui si potrà dire che ha comunicato ai tifosi anche il legame con questa maglia e sul riconoscimento di questa attitudine la gente non si sbaglia, a maggior ragione oggi che è più rara da trovare e che, sulla sponda giallorossa del Tevere, si avverte l’onda lunga della mancanza di Totti.

Un’ultima cosa, amaramente: basta con le ipocrisie di chi celebra il merito di essere sempre se stessi e di non farsi omologare da un ambiente di polli da batteria omologati è viziati; perché Radja Nainggolan, originale persino nel portare i tatuaggi in un mondo di tatuati, questo merito lo ha sempre avuto e ora che sta per andar via glielo si sta facendo pagare.

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