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EDICOLA. Roma, i due cari nemici

IL MESSAGGERO (Angeloni) – Guai se a Edin tocchi Patrik; guai se a Patrik tocchi Edin. Ma alla fine ne gioca uno e qui, guai a Di Francesco se tocchi Dzeko. Una questione tecnica, di spessore, di abitudine. Dzeko è Dzeko, gioca sempre. Come era Totti per tutti. Come Batistuta per Capello, che a Montella rinunciava, a Gabriel no. Poi Vincenzino si arrabbiava, entrava e faceva gol. Patrik questo (ancora) non lo fa, probabilmente per una questione di carattere, di sfiga. Non è un cattivo, è un tecnico, un raffinato, un sublime.

Non che Edin lo sia, ma ora si sente a casa e uno a casa sua fa un po’ quello che vuole. A proposito di casa. Sarà così ancora per molto tempo? Non si sa. E in fondo la risposta la ritroviamo in quegli occhi imbronciati che ogni tanto ci fa vedere dopo un gol o dopo un non gol. Chissà, forse qualcosa è cambiato ed è un suo modo per trasmetterlo.

I fatti dicono che Dzeko ha il contratto in scadenza 2020, cioè come se fosse domani. La società deve capire (Trigoria ci sono un paio di correnti di pensiero) se varrà la pena fare un altro sforzo economico per allungarlo e fargli chiudere qui la carriera o lasciarlo andare via.

LA DOPPIETTA IN BOSNIA – Il dubbio è concreto, diciamo così, si respira nell’aria. Perché si comincia a parlare di un centravanti da andare a reperire sul mercato, perché spesso si è criticato Dzeko per i suoi atteggiamenti etc etc. Roma la conosciamo: è una città che sa come dirti le cose.

Poi c’è Schick, un investimento (conveniente al club per la modalità di pagamento) oneroso, sul quale la società vorrebbe puntare e ora vorrebbe valorizzare. E i fatti dicono che, con Dzeko, di spazio per il ceco ce n’è poco. Sia chiaro: nessuno dei due, profondamente amici (anche se in campo spesso si sono mandati a quel paese, ma succede) protesta, brontola o lancia messaggi. Uno, Dzeko, continua a fare quello che deve fare e i numeri sono lì a dimostrarlo (ieri sera a segno con la Bosnia contro l’Irlanda del Nord: due gol e uno annullato); l’altro, Schick, aspetta e spera che la ruota giri. Parliamo di due ottimi calciatori, ma che insieme, con Di Francesco, difficilmente vedremo. O li vedremo, così come li abbiamo visti, se Patrik viene schierato a destra. Ruolo che non ama.

Lo stato dell’arte: Patrik è riserva di un giocatore insostituibile. Il dilemma per Monchi & company è capire se anche l’anno prossimo sarà il caso di vivere questa situazione. Che intanto potrebbe cambiare solo il centravanti ceco.

REAZIONI – Come? Semplice: sfruttando al meglio le minime occasioni. Cosa che fino a ora, anche per sfortuna, non è riuscito a fare. Una volta il tiro finisce sulla traversa, un’altra volta in curva, una volta scivola. Ecco, con un pizzico di vigore in più, forse potrà aiutare la fortuna a ricordarsi di lui.

Contro la Spal probabilmente avrà la sua chance, ma l’impressione è che la gerarchia sia chiara. Dzeko per restare a Roma dovrà accettare un rinnovo a ribasso (ora prende 4,5 milioni più bonus a stagione) e a marzo compirà 33 anni. Quindi un accordo verosimilmente fino ai suoi 36. Presto sapremo.

In caso contrario Dzeko andrà via («Ho vissuto quattro anni e mezzo grandiosi in Inghilterra. Tornare in Premier? Forse è troppo tardi per farlo, anche se poi non si sa mai… Al momento, però, sono felice alla Roma») a un anno dalla scadenza, senza portare troppi soldi nelle casse della Roma. Se invece le parti dovessero continuare insieme, sarà difficile pensare a una conferma di Schick. Perché Dzeko gioca sempre. Almeno finché c’è Di Francesco. Ma questa è tutta un’altra storia.

 

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