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ROMA-SASSUOLO. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Tortellino in brodo, rimasugli vari, Roma nel cuore. Stadio satollo negli stomaci dei presenti e affamato di punti: ossimoro del boxing-day in salsa capitolina.

Mai rilassarsi, tesoro, altrimenti non avremmo scelto la Roma: comincia con Olsen che deve precipitarsi a smanacciare una puntura a freddo di Berardi (non ci piaceva, vero?).

C’è Schick e, sulle prime, diresti che sgomita per darsi da fare e farsi vedere. O farsi atterrare, più o meno: se quel rigore ce lo dessero contro, un po’ mugugneremmo, visto il tipo di impatto.

Il dischetto ritrova la carezza di Diego Perotti, maglia numero 8 fresca di bucato: miglior ritorno non potrebbe esserci per un giocatore la cui cifra tecnica è mancata troppo a questa squadra. Al di là dei dati su quella che poi sarà la sua prestazione odierna.

Dicevamo di Schick, per il quale finezza non fa rima con concretezza: un tacco pregevole può far quasi indispettire nella fase calda dell’azione.

Poi arriva il corridoio sgombro per vie centrali, stile Torino 2017: come rivivere un incubo a Santo Stefano. Invece stavolta il ragazzo è lucido, adamantino nel controllo, ispirato nel dribbling: l’accerchiamento avversario non fa che impreziosire il rasoterra con cui mette in porta il raddoppio. Si è appena iniettato una siringa colma di autostima, questo potrebbe essere più importante del risultato sul tabellone.

Nel frattempo, a chi avesse da lamentarsi per l’eventuale gol del Sassuolo, diciamo che l’intera proiezione della sfera deve trovarsi oltre la linea bianca, altrimenti sono solo sfortuna e recriminazioni.

Sassuolo un po’ incartato nella fase difensiva, Roma vogliosa di divertire e divertirsi.

Ritmi non sempre trascendentali, palleggio romanista che fa baluginare a più riprese una (delle tante) qualità di Zaniolo: sembra sempre avere in tasca le chiavi dell’azione. Tra l’altro, su di lui ci sarebbe un rigore molto più netto di quello che Giacomelli aveva in precedenza assegnato.

Il tempo si chiude con una conclusione di Perotti, di destro, da posizione defilata. Segnali.

Una riflessione su Schick al termine della prima frazione: per un pugno di millimetri si era salvato dall’essere l’autore di un autogol con cui il Sassuolo avrebbe pareggiato il primo vantaggio romanista; segna poi il raddoppio sbloccando se stesso e la Roma. Al minuto 23, che non è mai un dettaglio.

Minuto 59: lezione di prestidigitazione calcistica di Zaniolo per il terzo gol romanista. Progressione, raffinato dribbling su Consigli, trattamento ipnotico per due difensori emiliani, tocco alla Cruijff per depositare il pacchetto sotto l’albero. Marron glacé.

Oggi sembra si possa stare tranquilli, dopo il terzo.

Poi Zaniolo si fa male (speriamo poco, in vista del Tardini) e dopo un’ora abbondante di grandi giocate e un gol di pregio raro, cede il posto a Pastore, tra scrosci di gratitudine da parte di chi oggi ha lasciato il divano con dolore.

Al minuto 68 esce Perotti per Kluivert: altri applausi, non solo di incoraggiamento per l’autore del primo gol. Se l’anno si chiudesse, prima della sosta, con un’altra vittoria e con una serie di recuperi, sarebbe come stringere i bulloni alla panchina di Di Francesco. Step by step, però, anche con gli slanci.

N’Zonzi, nel frattempo, cuce palloni su palloni, svolgendo il suo gomitolo di passaggi infiniti. Zolle oggi calpestate ad arte, dati anche i ritmi di gioco.

Dzeko per Schick, a un quarto dalla fine: staffetta che rivedremo a Parma, con gli interpreti invertiti nell’ordine? Plausibile.

Ha poco da dire, la gara, nell’ultima parte, salvo tradurre la voglia di più d’un attaccante romanista di mettere la firma sul tabellone. Ünder dall’interno dell’area, ma di destro, trova i guanti di Consigli, per esempio

Ottimo portiere, non da oggi, quello dei neroverdi.

Florenzi ha giocato stringendo i denti quasi subito, gliene va dato atto.

Proprio al capitano di giornata sfugge Di Francesco, su suggerimento di Berardi, sparando poi un destro secco a botta sicura. Olsen non solo neutralizza ma abbranca anche in presa. Portierone, lui.

Un accento stonato, il gol di Babacar. Fazio gli passeggia accanto.

Finisce con tre punti, un allenatore dai tratti appena più distesi e qualche convinzione in più. Possiamo tornare alle tombolate per un paio di giorni.

Sullo sfondo, una classifica che continua ad attendere la Roma.

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