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ROMA-SASSUOLO. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Zaniolo in panca e umidità agostana: tra afa e curiosità la Roma di Paulo Fonseca torna davanti al suo pubblico, anche oggi presente in quantità più che apprezzabile, perché dovremmo sempre ricordarci di ciò che la gente spende, soprattutto in rapporto a ciò che la maggior parte degli stadi italiani offre. 

Si alza il ponentino, o la sua versione più recente, proprio nel momento in cui le due squadre fanno il proprio ingresso in campo.

La Roma? È tanta e piacevole, da subito, con Kluivert che alza i giri pronti – via sulla destra e Pellegrini che si prende subito tutto il mazzo di chiavi della trequarti. Alla vigilia della gara si erano dette determinate cose del Sassuolo, soprattutto per quanto riguarda la qualità complessiva della squadra di De Zerbi dalla cintola in su, indipendentemente dalle scelte che oggi hanno visto seduti in panchina Boga e Traore: ecco, i giudizi restano, nonostante al termine del primo tempo si debba dire che la partita degli emiliani, oggi vestiti da Celtic, non sia mai cominciata. Ma sapete perché? Per merito della Roma, in totale controllo del match sin dai primi minuti, avvolgente nella manovra e fulgida nel palleggio, senza un pallone che sia uno buttato via: più del possesso palla piace, oggi, il trattamento di palla dei giallorossi, a cominciare dagli assisti di Pellegrini e dalle giocate a lunga gittata di Veretout. Mkhitaryan? Attende di prendere le misure alla partita, nel suo primo quarto d’ora italiano, poi trova nel taschino, sinistro come il piede di battuta, il primo biglietto da visita per presentarsi: gol, quello del tre a zero, facile come i giocatori della sua qualità fanno apparire qualsiasi tipo di intervento. La naturalezza della classe, dell’esperienza e del “curriculum” dato dall’aver frequentato le altissime sfere calcistiche europee. 

Capiamo anche perché Kluivert è stato scelto come titolare, oggi: due settimane di lavoro a Trigoria, anche lasciando da parte il dettaglio del gol del quattro a zero, si vedono tutte, quanto a digestione dell’identità tattica voluta da Paulo Fonseca, che oggi si è mostrato bravo nell’inserimento dei nuovi e attento nel correggere in positivo la soglia di attenzione inerente la fase difensiva. Il pubblico si diverte, senza dover temere nulla. Da quanto non accadeva? Troppo.

Il secondo tempo che dice? Che la Roma, gestendo i ritmi a piacimento, si gode i frutti del primo. Poi arriva il gol su punizione di Berardi, per la bandiera emiliana: battuta balisticamente deliziosa, Pau Lopez poteva fare di più? Lana caprina. Invece il quattro a due, sempre a firma Berardi, è fastidioso, perché il diagonale delizioso arriva dopo un movimento di Caputo che sbilancia la retroguardia romanista. Ingranaggi da oliare, questi. Intanto, dentro Zaniolo e Spinazzola, per Kluivert e Florenzi, poi anche Pastore per Pellegrini. Proprio l’argentino divora, di testa, il quinto gol. 
Cosa ci è piaciuto? Quasi tutto. Cosa poteva andar meglio? Avremmo voluto qualche spiffero in meno. Cosa non ci è piaciuto? Il cartellino a Pellegrini, evitabilissimo. Avanti così. 

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