A PRIMA VISTACAMPIONATOTOP

INTER-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Tutto ciò che c’era da sapere, lo si sapeva già prima del fischio d’inizio: l’Inter non muore mai, le sue “figurine” fanno tremare le vene ai polsi, il tensionamento psicologico di Conte dura fino al ritorno dentro il sottopassaggio. Nessuna novità.

Ciò detto, nel primo tempo, complessivamente, non è lesa maestà dire che nel primo tempo abbiamo visto un’idea di calcio più evoluta da parte della Roma, scesa senza Dzeko, senza Pau Lopez tra i pali, con Santon basso a destra che deve arrendersi alla metà del primo terzo di gara. 

Certamente la percezione della pericolosità delle occasioni interiste, non nitide ma rocambolesche per come la Roma si complica a volte la vita a ridosso della propria area, è superiore a quella indotta da quelle romaniste, che danno sempre la sensazione di un ricamo al quale manchi sempre l’ultimo giro d’ago. Zaniolo inizialmente offre la sensazione della sua dirompenza e della estrema facilità in fase di conclusione: facile prevedere la sua evoluzione in questo senso, oltre che la probabilità del suo avvicinamento alla porta. 

Bravo Veretout, che nei giri sempre alti delle gambe custodisce la compattezza e la proporzione delle distanze tra i reparti. Spinazzola deve riscaldarsi una volta buttato letteralmente in campo, in luogo di Santon; Pellegrini è chiamato a fare più il geometra, quando non il capomastro, che l’architetto, stasera, contro una mediana di chili, fosforo e centimetri come quella nerazzurra.

Alla fine della prima frazione, il publico di San Siro fischia: un po’ perché ha qualche – incomprensibile – lamentela nei confronti di Calvarese, ma un po’ perché si aspettava di vivere una serata più scintillante. 
Smalling: piglio regale che non sbiadisce nemmeno quando nubi si addensano a ridosso dell’area romanista. 

La ripresa comincia come era iniziato il primo tempo: con i guanti di Mirante protagonisti; se su Lukaku era stato provvidenziale, salvifico si mostra su una zampata di Vecino, parando a terra. 

Difficile la serata di Mancini con Lautaro? Certo, come complicata è quella di Lautaro con Mancini.Cresce col passare dei minuti in nitidezza e fluidità il palleggio di Diawara, che diventa anche prigressivamente più elegante. 
Sempre poco incisivo Mkhitaryan, stasera, ci si come Perotti, positivo nel primo tempo, è come se non fosse rientrato per niente: arriva Dzeko al suo posto, con poca benzina e parzialmente ancora debilitato, ma che con la sola presenza ridefinisce in senso più tradizionale l’intero attacco, restituendo Zaniolo a vecchi compiti, anche se non agli usuali varchi, stasera. 

Inter via via più fallosa, nel corso della ripresa: c’entreranno qualcosa i meriti romanisti? Di certo, la Roma frequenta con qualità e scioltezza la metà campo interista, ora più di prima. Il limite di stasera è che Handanovic quasi non sporca i guanti, altrimenti chissà di cosa staremmo parlando. 

Dopo 3’ di recupero, finisce con i mugugni del Meazza, oltre che con i complimenti di Conte a Fonseca, come testimonia il labiale. 

Lupi a San Siro. 

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