IL COLLEZIONISTATOP

IL COLLEZIONISTA: GIANLUCA SEMPRINI

(di Franco BOVAIO) Gianluca Semprini è uno dei giornalisti d’inchiesta più noti di Rainews e Radiouno. Pochi sanno, però, che è anche un grande tifoso della Roma e un collezionista “distratto”, come dice lui, di cose giallorosse. Soprattutto di libri, autografi e biglietti delle partite.

“La mia è una passione che affonda le radici negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza – ci dice – tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 noi ragazzini vivevamo tutti a pane e pallone. La Roma ci faceva sognare e impazzimmo di gioia quando, con l’arrivo di Falçao, lo scudetto dell’83 e tutti i successi di quella prima metà degli anni ’80, i nostri sogni diventarono una meravigliosa realtà”.

E’ in quei giorni che nasce la tua passione per il collezionismo?
“Chiariamo subito che io non sono uno di quei collezionisti maniacali ed espertissimi di cui ho letto spesso in questa bella rubrica che gli dedicate e che meritano di avere. Rispetto a loro sono un dilettante. Ma nel mio piccolo penso di poter dire di aver posseduto e di possedere pezzi molto belli della storia giallorossa come, ad esempio, una montagna di libri sulla storia della Roma e sui suoi singoli giocatori oppure come i biglietti delle partite alle quali ho assistito dal vivo. Purtroppo nei vari traslochi che ho fatto nella mia vita qualche cosa l’ho perduta, ma quando parlo con altri innamorati della “Magica” come me sento che è una sventura capitata a tutti. Allora mi consolo, perché mi dico che in fondo non sono così distratto come penso”.

Quale è il pezzo più pregiato della tua collezione?
“Sicuramente l’autografo di Falçao, che tra l’altro ho avuto in tre copie diverse e in tre momenti diversi della mia vita. Il primo è del 1981, ero in piscina ad Ostia e all’improvviso, da dietro una siepe, vedo spuntare la sua chioma bionda. “Ma è Falçao” penso. Esco di corsa dall’acqua, prendo carta e penna e corro da lui, che stava con Turone e gli chiedo l’autografo con l’emozione che solo un bambino di 11 anni può avere. Il secondo risale al 2006, quando ero a Berlino al seguito dell’Italia che stava per diventare Campione del Mondo. Il giorno della finale ero in tribuna stampa, mi giro e vedo Falçao qualche fila più in alto della mia. Impazzisco di nuovo totalmente, come quando avevo 11 anni e faccio una cosa che, vista anche la mia professione, non faccio mai. Ridivento bambino e mi butto addosso a lui per foto e autografo di rito. Il terzo è di poco prima dello scoppio del coronavirus, a Milano, in un ristorante del centro, dove stavo mangiando. Lo vedo e rifaccio ancora la stessa scena delle due volte precedenti”.

Hai mai messo a frutto questa tua passione per la Roma?
“No, anche se possiamo dire che nel 1997 ero lo scagnozzo di Peppe Presutti e Luca Prosperi quando allestivano la mostra sui settanta anni della società all’Ostiense. Io stavo in segreteria, facevo la manovalanza, appiccicavo le foto originali che mi davano loro sui pannelli, tra le quali ricordo in modo particolare quella in bianco e nero di Pruzzo con una maglia a righe mentre stava salendo su una mini verde. Poi accoglievo tutti gli ex giocatori che venivano a portare i loro cimeli da esporre. Ricordo ancora Naim Krieziu che arrivò con lo scrigno delle sue cose, tra le quali le scarpe da gioco. E feci anche il modello, perché per l’occasione vennero riprodotte alcune vecchie maglie del club che mi fecero indossare per mostrarle. L’esperienza di allestire una mostra sulla storia della Roma è stata una delle più belle che ho fatto”.

C’è un aneddoto legato alla tua passione giallorossa?
“Ce ne è uno che si lega anche al mondo del collezionismo. Quando ero adolescente avevo una comitiva di amici tutti romanisti tranne uno, che era laziale. Così un giorno, per scherzo, gli dissi che mi ero procurato un autografo di Manfredonia, che a quei tempi giocava con la Lazio e che lui desiderava molto. Così glielo vendetti a mille lire. Ma in realtà quell’autografo ero finto, perché lo avevo fatto io”.

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