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ROMA-PARMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

La Roma deve ricominciare da dove aveva interrotto. Poco altro da dire, se non la precisazione che, ancor più dell’accumulo dei punti, che finora ammontano a un “tesoretto” di quattordici, la prima cosa a dover essere mantenuta è la continuità prestazionale, con il crescendo di consapevolezza evidenziato di partita in partita. 

Davanti un cliente particolare, da non sottovalutare ma da battere, come imperativo categorico: il Parma di Liverani, da un certo punto di vista convalescente, dall’altro un accumulo di autostima. 

Gervinho è un ipotetico focolaio – scusate il termine, visti i tempi – di rischio; l’ivoriano comincia bene e si capisce subito una cosa: il lancio in avanti a scavalcare le linee per farlo partire sul filo del fuorigioco. 

Inizio di partita stagnante, con un apparente equilibrio. Poi, l’asse della partita la spostano gli episodi che la Roma si crea e che capitalizza nel migliore dei modi: comincia Majoral, con una segnatura autoprodotta, nel senso che chiama il suggerimento a Spinazzola, si infila in posizione regolare e defilata tra le linee, angola la conclusione a baciare il palo più lontano. È un gol che, come peso e come coefficiente di difficoltà, vale più della doppietta al Cluj. 

Dopo, sale in cattedra Sua Maestà tecnica Mkhitaryan: disegna il due a zero con una conclusione di controbalzo di rara forza e bellezza, la palla scende come ci fosse un filo invisibile che si srotola dalla punta dello scarpino dell’armeno in poi. Applausi a scena aperta dei pochi fortunati. 

Poi grandina Roma, soprattutto dai lati: Spinazzola sembra essersi messo del tutto alle spalle il fastidio muscolare; Karsdorp quando ha campo davanti è sempre produttivo, tanto è vero che disegna, da destra, l’assist coi giri contati per la doppietta dì Mkhitaryan. 

Una tattica nota a margine: questa Roma ha un quasi regista ed è Veretout; poi ha un regista occulto, che è Pedro, quando si abbassa a far girare, oliandolo con tutta la sua qualità, il meccanismo dell’intera fase offensiva. 

Secondo tempo che la Roma dimostra di voler gestire e non semplicemente di far trascorrere, errore commesso a volte, forse troppe volte, in passato. Segno di crescita mentale e di acquisizione progressiva di consapevolezza. 

Rotazione di cambi, un pensiero già al San Paolo più che alla trasferta in Transilvania, un abbassamento dei ritmi da partitella del giovedì. Riposo, innanzitutto, per la coscia di Spinazzola. 

Bentornato Diawara. 

Che altro? Ah, sì, il discorso potrà in parte sorprendervi, ma a questo punto non è una sentenza rinviabile: in mezzo a tanti capi carismatici in mezzo al campo, il vero leader sta mostrando di essere uno solo: Paulo Fonseca. Non solo e non tanto per la striscia di risultati attuale, ma anche e soprattutto perché ha saputo essere un muro di gomma nel momento peggiore, senza mai perdersi la squadra, che lo ha sempre seguito. 

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