CAMPIONATOSTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

ATALANTA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – “3 vittorie su 15 match con le “grandi”: è con questo negativo score che la Roma di Fonseca si presenta domenica nella tana di Gasperini; quale segnale daranno questa volta i giallorossi?”.

Con questo interrogativo c’eravamo lasciati tre giorni fa: penso che la risposta sia purtroppo evidente a tutti.

Sarà che ormai sono trenta gli anni di personale tifo consapevole per la Roma, ma ogni volta di più trovo inconcepibile e inaccettabile non perdere, bensì straperdere.

Ancora una volta la Roma di Fonseca si presta a una figuraccia: davvero poco valore ha dire “però il primo tempo…”. Serve l’insopportabile Gasperini per ricordare una lapalissiana banalità: le partite di minuti ne durano 90’ (e passa).

Prima frazione, vero, di ottima fattura. Squadra che trova subito il vantaggio, fa densità, è attenta a togliere spazi all’insidioso avversario. Praticamente come nelle ultime due occasioni in cui la Roma ha giocato a Bergamo.

L’occasione di Spinazzola avrebbe potuto indirizzare diversamente la partita? Del senno di poi… Stona, nei primi 45’, la prova sottotono di Pedro. Sarà che Mkhitaryan è dappertutto e sempre decisivo (ennesimo assist): lo spagnolo appare forse ancora più opaco. Nessun dramma, capita: ci sono 5 cambi a dispozione…

Villar dentro e Pellegrini più alto? Cristante per fare legna? Qualche opzione, anche se non parliamo di Falcao e Ancelotti, si può trovare. Invece, nulla. “Pensavo continuassimo come il primo tempo” dirà Fonseca, salvo poi dare dei “ragazzini” ai suoi per l’atteggiamento della ripresa.

La qualità di Ilicic è nota, così come la sua discontinuità e il suo non essere un cuor di leone. Ma se lo lasci da solo, completamente da solo, o ti fai puntate contrastandolo col “piedino”, fa quello che gli pare (vedi anche rete di Politano nel 4-0 di Napoli). Sì, perché il primo cambio della Roma, già freddata da Zapata, è quello obbligato di Spinazzola. Il sostituto è Calafiori: entra Bruno Peres.

Inutile dire che, poco dopo, il calciatore sloveno crossa in solitaria – Bruno Peres marca con attenzione la linea dell’area di rigore – un pallone dove Mirante va a vuoto mentre Karsdorp – esattamente come nel 3-3 del 2019 con Castagne – guarda ammirato lo stacco di Gosens.

La partita che aveva da tempo preso una piega chiara – rotta solo da un’iniziativa estemporanea di Veretout – finisce lì. Ma puoi perdere solo 2-1: conta anche la differenza reti negli scontri diretti. Dai, che ora arrivano i cambi! Fonseca non si era lamentato delle partite ravvicinate? Nulla: tocca attendere il 3-1 – Veretout, stremato, sbaglia malamente ma è circondato da 4 avversari – per vedere entrare, non si capisce a quel punto perché, Cristante.

Così, come fosse un orchestrale del Titanic, Fonseca resta immobile al suo posto, non intervenendo per evitare o limitare ciò che tutti stavamo vedendo. O, davvero, vogliamo ancora pensare che appena 3 vittorie su 16 con le grandi dipendano esclusivamente dagli errori dei singoli?

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