STORIE GIALLOROSSE di Franco BOVAIOTOP

STORIE GIALLOROSSE… L’anglo-triestino

di Franco BOVAIO – “Io sono partenopeo e parte napoletano” diceva scherzando Totò, il Principe della risata. Parafrasandolo, Mark Tullio Strukelj, avrebbe potuto dire: “Io sono parte inglese e parte triestino”. Perché in effetti la sua discendenza è doppia: madre inglese e padre triestino, che prima era emigrato per lavoro in Australia e poi in Inghilterra. Qui è nato il nostro Mark Tullio, a Dorking, nella stessa cittadina del sud-est dell’isola dove è venuto alla luce anche il celebre attore Laurence Olivier. Ma quando il piccolo Mark aveva solo due anni l’intera famiglia è tornata a Trieste e qui è cresciuto e si è affermato come centrocampista della Triestina, dalla quale la Roma lo ha preso in quell’estate del 1984 che stava vivendo da fresca Campione d’Italia. In un’epoca in cui c’erano ancora solo due stranieri per squadra il cognome esotico del ragazzo stimolò le fantasie dei tifosi, anche se questi ultimi erano alle prese con le dinamiche vicende di Falçao e Cerezo. Il primo, per via del suo mezzo accordo con l’Inter (scriviamo mezzo e non andiamo oltre), li stava facendo tremare per la paura che avevano di perderlo. Per il secondo, invece, l’Ing. Viola stava dando vita ad una battaglia di carte bollate con gli organi preposti che alla fine, ovviamente, vinse. Perché per il più grande presidente della storia giallorossa le vittorie erano sempre di più che le sconfitte.

Ma torniamo al nostro Strukelj, che nell’organico giallorosso aveva preso il posto di un altro centrocampista di belle speranze come Claudio Valigi, che era stato un buon vice Falçao ma che, subito dopo lo scudetto, era anche stato ceduto al Perugia. Strukelj è destinato a fare lo stesso. Quando manca il brasiliano gioca lui e mette insieme 11 presenze in campionato prima di essere fermato da un brutto infortunio. Torna a disposizione di Liedholm per la finale di Coppa dei Campioni, che si giocherà proprio contro la squadra per la quale aveva sempre tifato: il Liverpool. Entra al 55’ al posto di Cerezo, impietrito dai crampi, figli della tensione nervosa e della fatica. Si va ai rigori e la leggenda narra che il quinto romanista a calciarlo doveva essere proprio lui, anche se alcuni sostengono che Pruzzo avrebbe spinto Liedholm a sostituirlo con Chierico. Sia come sia, purtroppo, quel rigore non sarà mai tirato e nella memoria collettiva resterà per sempre come quello del gran rifiuto di Falçao. Perché ai tifosi interessava di più capire perché quest’ultimo si era chiamato fuori dalla mischia che se a calciarlo avrebbe dovuto andare Chierico o Strukelj.

A quest’ultimo, dunque, rimase la Coppa Italia, che vinse il 26 giugno 1984 in quella stessa partita che fu anche la sua ultima con la Roma, dalla quale poco dopo venne ceduto al Pisa. La squadra alla quale aveva segnato, in campionato, il suo unico gol in maglia giallorossa.
Dopo aver smesso di giocare il nostro moderno Cicerone (che si chiamava Marco Tullio, praticamente come lui) si è dedicato alla carriera di allenatore, che ricopre tuttora con ottimi risultati nel ruolo di vice al Pordenone. Anche suo figlio Kevin è un calciatore professionista. Ma non centrocampista come il papà, bensì come portiere.

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