STORIE GIALLOROSSE di Franco BOVAIOTOP

STORIE GIALLOROSSE… Brasiliani diversi

di Franco BOVAIO – Ventuno aprile, il Natale di Roma. Ma anche il giorno in cui sono nati due brasiliani diversi, accomunati dal fatto di aver vestito la maglia della squadra che di Roma porta il nome: Toninho Cerezo e Jorge Andrade. Un campionissimo il primo, un bidone il secondo.

Due brasiliani diversi, seppur entrambi di colore, entrambi centrocampisti abituati a giocare più con la maglia n.8 che con le altre ed entrambi nati nello stesso giorno. Anche se in anni diversi: nel 1955 Toninho Cerezo, nel 1957 Jorge Luis Andrade da Silva.

Toninho aveva una classe innata nel toccare il pallone e in campo era ovunque, tanto che faceva del dinamismo uno dei suoi punti di forza. Anche Andrade aveva due bei piedi, ma era lento come una lumaca. La Roma lo acquistò per un miliardo e mezzo di lire e poco prima di arrivare nella Capitale segnò un gran gol in un’amichevole tra il suo Brasile e l’Austria che ci fece credere di aver trovato il nuovo Zico. Forse anche perché suggestionati dal fatto che aveva giocato 8 stagioni con il Flamengo di Rio de Janeiro. La stessa squadra della quale Zico era diventato un simbolo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 e con la quale, insieme, avevano vinto tutto. Invece …

Altro che Zico! Quel gol a Vienna fu solo un lampo che ci illuse. Perché una volta alla Roma Andrade dette il peggio di se, tanto che in giallorosso giocò solo quella stagione 1988-89, nella quale mise insieme appena 9 presenze in campionato. Abulico, lento, impacciato, incapace anche di gestire e controllare il pallone più semplice, soprattutto perché finiva con l’essere vittima del pressing degli avversari.

Per questo i tifosi della Roma gli cambiarono anche il soprannome in corso d’opera. Mentre al suo arrivo lo aveva chiamato “er marajà”, dopo qualche partita iniziarono a chiamarlo “er moviola”. In Italia Andrade era un giocatore completamente diverso da quello che in molti avevano ammirato nel campionato carioca, nel quale aveva dimostrato di possedere una gran tecnica. Probabilmente anche perché da quelle parti si giocava a ritmi più bassi rispetto ai nostri e con un pressing quasi nullo.

Così a fine stagione la Roma lo cedette al Vasco da Gama e a casa sua “er moviola” continuò a giocare fino a quarant’anni, per poi dedicarsi alla carriera di allenatore.

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