A PRIMA VISTACAMPIONATOTOP

ROMA-INTER. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI

Tante delle cose che oggi peseranno all’interno di RomaInter potremmo iniziare a precisarle prima, indipendentemente da ciò a cui assisteremo. Per esempio, non è certo l’aspetto più importante del pomeriggio che ci attende all’Olimpico, chi scrive spera che non si ragioni come per quelle storie d’amore che sono finite male, con malumori e qualche astio e delle quali si ricorda solo il finale. Non lo merita quella che è stata la storia di Edin Dzeko con la Roma, della quale è stato uno degli attaccanti tecnicamente più dotati di sempre e che, pur in un’epoca di iperprofessionismo, il suo attaccamento alla maglia lo ha fatto valere fino a che ha potuto.

Poi c’è la questione del silenzio (stampa o anti – stampa?) di Mourinho alla vigilia dell’incrocio con il suo passato, con la percezione di lui che hanno ancora nella Milano nerazzurra e anche, inevitabilmente, con il confronto tra ciò che è stato e il massimo di ciò che si potrà fare. Poi, per approssimarci al fischio d’inizio, c’è anche l’Inter, la più completa e la meglio allenata delle squadre che ambiscono al titolo. 

E poi c’è, tutt’altro che casualmente, Francesco Totti in tribuna. Capiremo tutto è meglio da lunedì. Però sembrano non casuali anche gli striscioni. 

Alla fine del primo tempo, con gli olé del settore ospiti, dopo il gol non quotato di Dzeko e dopo aver visto l’Inter giocare al gatto col topo con la Roma da subito, cosa volete che scriviamo? Molti, in tribuna stampa e non solo, si augurano che finisca così. 

Alla fine Di Bello – si fa per dire – c’è stato solo l’arbitro, fatta eccezione per il ritorno del Capitano emerito allo stadio. E possiamo ricordare tutte le attenuanti che vogliamo, sacrosante e oggettive. Ma un’osservazione dobbiamo pur concedercela: la tempra caratteriale è sempre stata la caratteristica principale delle squadre di Mourinho. Come si giustifica una Roma così priva di rabbia?