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BORELLI “Per fortuna c’è qualcuno che lancia i giovani”

di Franco BOVAIO – Giovani sì, giovani no. Dopo Roma-Cremonese si è aperto il dibattito sulla scelta di Mourinho di affidarsi molto a loro, negli ultimi tempi. Fa bene o fa male? Ne abbiamo parlato con Paolo Borelli, centrocampista e capitano della Roma Primavera Campione d’Italia nel 1978 ed esordiente molto promettente in prima squadra nella stagione 1978-79, nella quale collezionò 14 presenze per poi essere ceduto al Catanzaro.

“Già stimavo Mourinho per quello che è e per quello che ha fatto in carriera. Ma dopo che l’ho visto lanciare tanti ragazzi in prima squadra ho cominciato ad ammirarlo ancora di più – ci dice Borelli – perché era troppo tempo che la Roma non dava spazio ai ragazzi del suo vivaio. Intendiamoci, non sto dicendo che Tahirovic, Volpato e gli altri sono dei campioni. Per me sono dei ragazzi con delle qualità e un grosso margine di miglioramento, considerata la giovane età che hanno. E poi il salto dalla Primavera alla prima squadra è grosso e difficile. Ma vedo che l’ambiente è ben disposto verso di loro e Mourinho ha una grande capacità di aggregazione che può aiutarli nell’inserimento graduale nel calcio dei grandi”.

Tu che hai fatto lo stesso percorso ti rivedi in loro oppure no?
“Per i ragazzi il percorso dalla giovanili alla prima squadra è sempre uguale. Oggi come ai tempi miei e a quelli di tutti coloro che hanno avuto questa possibilità. Ma viviamo in un’epoca ben diversa dalla mia. A noi, a quell’età, l’aspetto economico non ci interessava affatto, perché con la prima squadra avremmo giocato pure gratis. Per noi già indossare la maglia dei grandi ci ripagava dei sacrifici che avevamo sopportato nel settore giovanile. Oggi non so quanti ragazzi sarebbero disposti a giocare in prima squadra a zero euro, considerato tutto quello che c’è intorno a loro nel mondo del calcio”.

Tahirovic, centrocampista come eri tu, ti assomiglia oppure no?
“Non tanto, perché secondo me Tahirovic è più trequartista di quello che ero io, che giocavo più da regista, come De Sisti, come Agostino. Loro, Rocca, Pruzzo, Peccenini erano riferimenti importanti per noi ragazzi che venivamo dalla giovanili. Sia in campo che fuori. E per un giovane calciatore è importantissimo avere questi compagni più esperti che lo aiutano a capire il clima della partita e come stare in campo o che gli danno dei consigli anche su come gestire la sua vita extra calcio. Ai ragazzi servono delle guide, dei punti di riferimento. Come erano per noi quelli che ti ho nominato”.

Ma in campo, secondo te che hai giocato a grandi livelli, cosa manca a questa Roma?
“Un De Sisti, un Agostino, un regista, per capirci. Un uomo dalla forte personalità capace di dettare ritmi e tempi di gioco mentre si sta svolgendo la partita. Io ti ho nominato due grandissimi, ma sarei stato contento anche se la Roma avesse preso un regista normale come Torreira, ad esempio o come Maxi Lopez del Sassuolo. Non ti sto parlando di Modric, ma di gente che gioca in quel ruolo che nella Roma è scoperto da troppo tempo. È arrivato Matic, che è bravo e quel ruolo lo ricopre anche, ma vedo che non ha i tempi di gioco e la personalità per imporre i ritmi ai compagni. Alla Roma manca proprio un regista di grande personalità. Perché ci sono molti giocatori discreti ma nessun campione. Vedo che si sbagliano passaggi a dieci metri, che i difensori non sanno impostare quando hanno il pallone tra i piedi, che i centrocampisti non rischiano quasi mai la verticalizzazione e preferiscono sempre il passaggio facile o addirittura all’indietro, che si sbagliano i cross in corsa, i passaggi da fermo, che si gioca spalle alla porta e si ha paura di farsi dare il pallone. Tutte cose inammissibili ai tempi miei. Se le avessi fatte mi avrebbero dato una martellata sui piedi. Forse parlo così perché ho avuto insegnanti importanti, come il Barone Liedholm, ad esempio, che mi diceva sempre che il primo passaggio che il centrocampista deve cercare è quello in verticale. La Roma di oggi, invece, fa ancora tanti passaggi laterali e neanche troppo bene, visto che molti vengono intercettati dagli avversari e ogni volta rischiamo di prendere gol. Dunque è anche un discorso di qualità degli interpreti. Ecco perché ti dico che non so se Mourinho si affida molto ai giovani perché crede in loro o perché non ha grandi alternative. Comunque sia, ben venga, ripeto, che li fa giocare”.