CAMPIONATOSTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

LAZIO-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Si possono fare mille discorsi: se in partite equilibratissime regali agli avversari un goal o un uomo, tutto il resto – sia esso tecnico, di atteggiamento o tattico – passa per forza di cose in secondo piano.

Sul momento sono stato anche io assolutista: mai più Ibanez in maglia giallorossa. Poi, con la freddezza della ragione, ho pensato ai numeri difensivi della Roma e alle possibili alternative: serve, al più presto, in campo; poi, a fine anno, si vedrà.

La Roma lascia, di base, l’iniziativa all’avversario: a maggior ragione dopo la battaglia di San Sebastiàn, con la Lazio invece fresca di eliminazione e con la gestione delle forze orientata alla gara di ieri.

L’obiettivo dei giallorossi appare chiaro: rischiare poco, cercare di ripartire (cosa non riuscita in 11 contro 11) e provare a sfruttare freschezza e qualità della panchina nella seconda parte di gara.

Tutto alle ortiche: due falli a 70 metri dalla porta (il secondo cercato da Savic, ma a parti invertite non avrei accettato altra decisione che il secondo giallo) costringono lo squalificato Mourinho a dover rinunciare a un comunque spento Dybala.

Matic e Abraham – difficile non capire perché l’allenatore gli stia preferendo un semplicemente volenteroso Belotti – dovevano entrare qualche minuto prima del goal subìto: la Lazio aveva iniziato a trovare le occasioni e Wijnaldum non era più in grado di fare il lavoro di copertura.

Prima palla toccata dal serbo: filtrante verticale. Un tipo di giocata mancata per tutta la prima ora di gioco; i rimpianti per le condizione fisiche del numero 8 – già assente giovedì in Spagna – sono tanti.

Quello di Pellegrini è sempre un tema. Dopo lo svantaggio si è come liberato: la punizione del goal annullato, il tiro al volo alto: senza incidere, si è vista comunque una vitalità mancante nella prima ora di gioco: perchè? A sei più recupero dalla fine, per inserire Solbakken avrei forse più tolto qualcun altro (Zalewski? Mancini?) che non il capitano.

E ora? Più che mai, calma e gesso. Perché i risultati delle milanesi ti tengono a – 1 dal quarto posto; perché mancano 11 gare al termine del campionato; perché aprile ti porta ad affrontare i quarti di Europa League. Al netto della logica delusione, per la Roma c’è ancora tanta stagione da poter costruire.