ESCLUSIVASTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

INTER-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Una vittoria di importanza capitale per mantenere vive le speranze di (grande) Europa.

Nella mia personale tabella, tutto quello che veniva preso a San Siro (e a Bergamo, tra due settimane) sarebbe stato di guadagnato: davvero non pensavo di tornare addirittura con i tre punti.

Ma – e va detto – non c’è stata partita: l’1-0, infatti, va piuttosto stretto ai giallorossi, padroni del campo dal punto di vista fisico e tattico.

Quella del solo goal di scarto non è una casualità che si ripete ma la caratteristica di una squadra con troppi giocatori tecnicamente mediocri: che si arrivi quarti o noni, resta imperativa l’esigenza di farne andar via una decina della rosa attuale.

Una serie di tasselli di base, invece, ci sono e vanno ritenuti imprescindibili. Svilar, la cui parata più difficile ieri è di testa, a volo d’angelo, per anticipare Lautaro; Koné, che davanti alla difesa ha riproposto la mastodontica prestazione di Italia-Francia, giocata proprio a Milano; Soulé, che da brutto anatroccolo sta diventando cigno.

Da marzo le sue giocate sono pian piano più decisive: l’impressione, speriamo confermata, è quella del “click” da calciatore nella testa, con le pungolate di Ranieri a fare effetto.

Ieri, nella cosiddetta Scala del Calcio, ogni giocata del 18 argentino era funzionale all’utile: niente piroette o busto ingobbito a dribblare anche l’aria; pure sul goal-vittoria, il primo pensiero è stato buttarla dentro. Questo giocatore qui – che ha avuto comprensibilmente bisogno di mesi per venire fuori – può essere un punto fermo e una valida alternativa al fuoriclasse fragile Dybala.

Difesa rocciosa: Mancini resiste gravato dal giallo praticamente per 90′, senza mai nemmeno rischiare il secondo; Celik, semplice e pulito negli interventi; Ndicka col brivido solo in occasione della trattenuta a Bisseck.

Un altro dei motivi per cui le partite andrebbero chiuse: un fischio in più ieri, come poteva accadere a Venezia, o un colpo di testa qualche centimetro più in là – come poteva succedere a Empoli – e si vanificano buone prestazioni.

La presenza di Shomurodov dal 1′, oltre che utile, è un segnale per la partita: Ranieri ha capito che l’Inter di adesso non è quella di un mese fa. Sponde, movimenti e assist fortuito per l’uzbeko ma un goal che non andava sbagliato, al termine di un’azione da incorniciare.

Goal che Dovbyk continua a non realizzare contro le squadre che precedono la Roma: dall’ennesima sgroppata di Angelino (ieri sui migliori livelli della stagione) arriva il pallone buono ma la del numero 11 preparazione è pantagruelica.

Ne beneficia l’ennesimo difensore centrale – l’agè Acerbi – che trova il modo di esaltarsi contro l’attaccante ucraino, sempre mani sul ginocchio (dolorante?) e volto sofferente.

Poi ci sono Cristante e Pellegrini.

Il numero 4 romanista gioca un grande secondo tempo in interdizione; tra i migliori della ripresa sicuramente, dopo una prima frazione in cui – tra goal sbagliato e lanci sciaguratamente imprecisi in fase di contropiede – ci aveva fatto mettere più volte le mani nei capelli.

Il capitano è impalpabile: velleitari tentativi di piatto che sono il meno, confrontati alla ripartenza fallita, con Soulè da servire solo davanti a Sommer. Un momento che ha ricordato il clamoroso errore di Julio Baptista a Parma quindici anni fa, sempre con Ranieri in panchina.

18 risultati utili continuano a essere tantissimo essendo niente allo stesso tempo: ma dopo aver vinto in casa dell’Inter, non si può non tentare di gettare il cuore oltre l’ostacolo nelle ultime 4 partite di campionato.

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