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CROTONE-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Conta molto, moltissimo, il momento presente: hic et nunc, qui e ora: non dovrebbe esserci spazio, dunque, che per la gara di Crotone, con tutte le ambizioni e gli auspici di classifica che si porta appresso, tanto più nell’imminenza dei prossimi, dirimenti impegni all’Olimpico, che inevitabilmente saranno chiarificatori circa le reali ambizioni e possibilità della Roma in questa stagione così particolare e sui generis per alcuni aspetti ormai arcinoti. 

Dopo la premessa, è ovvio che altri discorsi, anche lambiti da Fonseca ieri in conferenza, occupino almeno parzialmente il centro della scena: i nomi richiesti per migliorare la Roma subito e con criterio ci sarebbero, a cominciare dall’esterno offensivo, speriamo che Pinto – benvenuto e in bocca al lupo – sappia essere positivo anche come atteggiamento, oltre che al tampone. La prima impressione, oltre al fatto che sia indiscutibilmente un manager preparato e versatile, è che abbia capito subito in che ambiente si troverà a lavorare. 

Primo dei responsabilizzati, oggi, Carles Perez sulla trequarti, poi come questione di interesse tattico e prestazionale annoveriamo anche Cristante ricollocato sulla linea mediana. 

Sulla carta e prima del fischio iniziale di Piccinini, ha ragione chi dice che contro la retroguardia del Crotone, trentacinque reti subite, Mayoral basta e avanza. 

Primo tempo in cui il Crotone è quasi ipnotizzato dal palleggio della Roma, ancor più che dal possesso palla reiterato. La cosa più bella, gol a parte, probabilmente, lo stop con cui Mkhitaryan prepara l’assist a Mayoral per la prima segnatura di quest’ultimo, il quale poi si regala la magnifica conclusione del momentaneo 0 – 2. Un destro a giro che scomoderebbe similitudini importanti. Di certo, di Mayoral una cosa va detta: ha saputo sfruttare tutte le occasioni che Fonseca gli ha concesso. È già di per sé una prova di maturità. Menzione di merito: Bryan Cristante, tanta sostanza, equilibrio tattico e giocate nitide in fase di appoggio. Un giorno dovremo pur contabilizzare la disponibilità al sacrificio e la duttilità di utilizzo di questo giocatore. 

A metà ripresa, con la partita del tutto in ghiacciaia, Fonseca decide di mettere una mezz’ora nelle gambe di Pellegrini e di sottrarla a Mkhitaryan per farlo rifiatare, così come ripropone Kumbulla in luogo di Ibanez. 
Indolore, ovviamente, il gol del Crotone messo a segno da Golemic, però sarebbe sempre meglio evitare ed evitarsi certi episodi. Un po’ di relax in area di Smalling e compagni, tutto qua. 

Alla fine, con l’imperativo categorico di non andare a sbirciare la classifica ma di continuare a pensare solo ed esclusivamente quelle che sono, una dopo l’altra, le prestazioni della Roma, il suo essere sempre più identitaria, definita e riconoscibile nella sua fisionomia. Fonseca per primo sa che non c’è atteggiamento migliore di quello che porta a ragionare di impegno in impegno, di partita in partita. È il comportamento che l’ha portata dov’è ora. Chi, poi, volesse proprio guardare la classifica, lo faccia, possibilmente restando in silenzio. 

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