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ROMA-LEICESTER. Il “Pagellario” di Franco Bovaio

Con la testa, con i piedi, con il cuore, con i muscoli, con i crampi, con i polmoni. Con tutto quello che c’è di romanista dentro ognuno di noi, in Mourinho (che è uno di noi da quando è arrivato) e nei suoi giocatori, la Roma ha conquistato la finale di Conference. Che voleva fortemente, che desiderava, che vivrà da protagonista contro gli olandesi del Feyenoord. Una vecchia conoscenza.

E la Roma ci arriva, alla finale del 25 maggio a Tirana, soprattutto grazie ai suo condottiero, Josè Mourinho (8), che ha vinto tatticamente la doppia sfida con il collega Rodgers, tanto che tra andata e ritorno Rui Patricio (6,5) ha fatto solo due parate. La prima delle quali, a Leicester, all’andata, decisiva.

Ma la Roma ci arriva, a Tirana, anche grazie a Smalling (8), il suo gigante inglese della difesa, che anche stasera ha vinto tutti i duelli in area giallorossa contro i suoi connazionali e a Tammy Abraham (8 pure a lui), l’altro gigante inglese in giallorosso, che ha segnato il gol della qualificazione e che ha lottato su ogni pallone fino a quando non ce l’ha fatta più ed è stato costretto ad uscire stremato dal campo. Ma ci arriva anche grazie ai suoi due mediani Cristante (6,5) e Sergio Oliveira (7), che hanno tenuto botta, cantato e portato la croce. Meglio il secondo (più abituato a questo tipo di gare e si è visto) che il primo. Ma di poco. A portarla a Tirana, poi, sono stati anche capitan Pellegrini (6,5) e il ragazzino Zalewsky (7) che gioca da veterano. Tanto che ad inizio partita, quando la tensione di tagliava con un coltello, è sembrato più reattivo lui di qualche suo compagno più esperto. E poi, a Tirana, ce l’hanno portata Karsdorp (6,5), che in Albania si ritroverà di fronte i suoi connazionali e la coppia Mancini (7)-Ibanez (7), che accanto a Smalling sono cresciuti e che stasera hanno giocato una grande partita, finalmente senza sbavature. Ma ce l’ha portata pure Zaniolo (6), che contro il Leicester si è sacrificato in tante corse e rincorse che lo hanno sfiancato impedendogli di rendere come sa in fase offensiva, ma che contro il Bodo aveva segnato la tripletta che tutti ricordiamo. Come ce l’hanno portata tutti i panchinari che volta per volta sono entrati per dare il loro contributo.

“Tutti a Tirana”, dunque. E che stavolta si torni con la coppa in tasca. Che per gli invidiosi non conterà nulla, ma che per noi vale come quella dei Campioni. Come ha detto Mourinho, che è il primo allenatore della storia ad essere arrivato a giocare quattro finali europee con quattro squadre diverse. Mourinho, già, l’ultimo allenatore che ha portato una squadra italiana a vincere una coppa europea (l’Inter del Triplete), lo “Special One”. Altro che bollito, come dicevano gli invidiosi di cui sopra. Ci voleva lui per far tornare a sognare i tifosi della Roma. Perché è l’uomo giusto nel posto giusto.