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NAPOLI-ROMA SOTTOPASSAGGIO. Una Roma insigne…

di Paolo MARCACCI – Deviazioni che spiazzano, reti che fremono, polsi che tremano: comincia con la tensione preventiva innescata dal gol di Dybala all’Olimpico, Napoli – Roma e dopo sei minuti

Il San Paolo ha già attraversato tutti gli emisferi dell’emotività: dall’esaltazione liberatoria per il gol attribuito a Insigne, alla frustrazione improvvisa per quello in cui Mario Rui funge da catapulta per la conclusione di Ünder. È già successo molto eppure tutto è di là da venire.

Poi accade che un cross di Florenzi da destra trovi la testa di Dzeko come la vetta di un Tibet sgombro da nuvole di marcature; come un monaco congelato resta Reina che neppure inarca il sopracciglio a scrutare l’angolino dove atterra l’uno a due. È il minuto 26, lapilli di demoralizzazione tossisce il Vesuvio; da lì in poi è vivido il palleggio romanista, impacciato quello azzurro, con Maurizio Sarri che raddoppia le maledizioni sugli orari, i calendari, il mazzo dei tarocchi, la rosa dei venti. Conclude di più la Roma, nel finale della prima frazione, con le incursioni di Ünder che lasciano intendere che senza i cali e le flessioni ricorrenti degli ultimi tempi stasera i giallorossi hanno la possibilità di scovare tre punti di platino tra le ceneri dell’ipotetica Waterloo partenopea.

Va ricordato che il momentaneo vantaggio esterno è tenuto al calduccio dei guanti di Alisson, soprattutto per l’intervento felino su una conclusione di Insigne. Tutto può ancora accadere, insomma; di certo a metà serata è accaduto ciò che nessuno pensava.

Dopo due minuti Perotti finisce a terra in area: non un semplice contrasto di spalla quello di Hysaj, profumo di rigore.

Salgono i decibel dalle curve del San Paolo, come se il pubblico avvertisse che il Napoli, pur prevalendo per possesso palla, non riesce a esibire il solito crescendo spettacolare dei suoi ritmi.

Salgono tensioni, discute animatamente Mertens con Fazio: il belga non si accorge di essere più o meno la pochette per il taschino della giacca del difensore giallorosso. Giallo per entrambi, Massa non vuole farsela sfuggire di mano.

Minuto 58: Insigne al volo, Alisson in volo: verde angelo custode sul – momentaneo – vantaggio romanista. Se ne va l’ora di gioco dopo una sfuriatina partenopea e un rovesciamento di fronte pilotato da Ünder traduce il perdurare della salute agonistica degli uomini di Di Francesco. Se crede in se stessa, non c’è motivo per cui la Roma non debba credere nella vittoria. Minuto 65: Sarri fa cominciare la partita di Hamsik; fuori Zielinski.

Un destro a giro di Insigne sibila vicino al palo
alla sinistra di Alisson, a testimonianza del fatto che il furetto numero 24 va intercettato prima dei venti metri, possibilmente. Minuto 68, ancora lui, con una conclusione che stavolta gira meno e finisce tra le braccia di Alisson. Roma guardinga, attendista con qualità, pronta a ibernare l’intero quadrante di Fuorigrotta, se si presenta l’occasione. Al minuto 72 Gerson rileva Ünder: Di Francesco punta su un palleggio più conservativo e fresco.

Minuto 73: la neve della delusione tappa il buco del vulcano; Dzeko smaterializza Mariotto Rui con una finta, arma un sinistro d’oro rosa ai venti metri, indica a Reina la maniera più elegante di schiaffeggiare l’aria. Non è un gol, è la summa tecnica dei fondamentali di un giocatore che non apprezzeremo mai abbastanza.
Entra Milik per Jorginho, nel Napoli.

Minuto 79: Mario, ancora lui, anzi ancora Rui, colpisce di tacco all’indietro come un redivivo Socrates, è un vassoio di sfogliatelle per il gol di Perotti, su piatto d’argento, a baciare il palo.

Subito dopo, lo stesso Perotti cede il posto a Pellegrini.
Punizione a due in area per il Napoli: palla sulla linea, quasi gol, come i sogni che muoiono all’alba.

Giallo per Dzeko, gioco pericoloso, anche se nulla stasera può essere più pericoloso delle sue conclusioni; era in diffida, salterà il Torino.
De Rossi per El Shaarawy, nel finale.

3′ di recupero, in un silenzio che pare Casa Cupiello prima della “Nuttata”.
Finisce così: una Roma insigne, con la minuscola, espugna il San Paolo; la ginestra di Leopardi s’è mangiata il Vesuvio.
Ah, già, segna Mertens, nel finale: 2-4.

 

 

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