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EDICOLA. Roma, la rivoluzione non abita più qui

IL MESSAGGERO (U. Trani) – Di Francesco ha portato la Roma nel futuro. Che adesso è solo da scrivere, nella maniera corretta, cioè evitando di disperdere quanto costruito in questa stagione. Anzi, in Europa. Perché in Italia sono mancate la continuità di rendimento e la rosa per competere con la Juventus e il Napoli. Ma la Champions del debuttante, straordinaria per i risultati e le prestazioni, diventa la piattaforma per provare a vincere subito nel nostro campionato.

La proprietà, con la benedizione di Pallotta, è pronta per il definitivo salto di qualità. Oggi è più ricca. E non è solo per il raccolto inaspettato, cioè quei 100 milioni di introiti Uefa che, insieme con il nuovo main sponsor (40 milioni + bonus in 3 anni), aiuteranno Monchi a impostare il prossimo mercato.

L’incasso più significativo è la ritrovata fiducia della gente che, riconoscendosi nel metodo e nella comunicazione del tecnico, ha riscoperto la passione, l’orgoglio e il senso di appartenenza. La sintonia assoluta tra la tifoseria e la squadra è la più grande conquista di Eusebio, commosso al momento di raccontare l’accoglienza riservata a lui e i giocatori quando sono arrivati con il pullman all’Olimpico.

VENTO FAVOREVOLE – La Champions lancia, insomma, la Roma. Protagonista per il suo calcio moderno e propositivo. L’impronta è internazionale e non italiana, lo spirito quello di chi sceglie il suo gioco, con i pregi e anche i difetti, e non si fa imporre come comportarsi in campo.

Ora c’è solo da raccogliere quanto seminato in questa annata, con il club tornato dopo 34 anni nei primi 4 d’Europa (4° posto nel ranking Uefa della stagione che sta finendo e 13° quando inizierà la nuova). Il 1° step è entrare tra le migliori 4 della serie A per dare un seguito all’avventura nel principale torneo continentale. Poi c’è da affrontare il perfezionamento della rosa. Non sarà, però, l’anno zero: la Roma terza, lontana 18 punti dalla Juve prima e 14 dal Napoli secondo, nel prossimo campionato avrà il vantaggio di partire, rispetto alle rivali, con la certezza di avere Di Francesco in panchina (da blindare: all’estero lo apprezzano e molto). Allegri e Sarri potrebbero salutare in contemporanea, costringendo Agnelli e De Laurentiis all’ennesima virata.

Che non dà alcuna garanzia sull’immediato: la società bianconera è chiamata a rifondare la difesa e in parte il centrocampo e chissà quale rivoluzione attende la rosa partenopea. Quella giallorossa va solo migliorata e completata. Confermando «i giocatori forti» come ha ricordato De Rossi mercoledì sera. Eusebio ha trasformato qualche riserva in titolare e, nei mesi, ha dato un senso agli investimenti della società, da Under a Schick. Ma non è sufficiente. Il mercato dovrà essere mirato alle esigenze dell’allenatore, a cominciare dall’esterno offensivo per la fascia destra che resta il peccato originale dell’attuale percorso dopo l’addio di Salah. Non solo. Ogni reparto sarà rivisitato da Monchi. I 100 milioni, però, faranno la differenza dal 1° luglio. Fino al 30 giugno bisognerà ancora adeguarsi alle richieste dell’Uefa e rispettare i paletti del Financial Fair Play (entro il 31 maggio la possibile sanzione). A

lmeno una cessione va messa in preventivo dopo la fine del campionato: Strootman è il principale candidato. Oppure Florenzi. Quindi c’è l’input di vendere per 15-20 milioni, forse qualcosa in più (basta pensare al mancato addio di Dzeko a gennaio), prima di cominciare a divertirsi. E a scatenarsi. Magari con l’augurio che nessuno, dopo il mondiale in Russia, si presenti a Trigoria per chiedere Alisson. «Siamo realisti, il Real ha probabilmente tre o quattro volte le entrate che facciamo noi, il Bayern ha almeno il doppio se non tre volte, il Liverpool ha più del doppio dei ricavi. Quindi abbiamo combattuto una battaglia calcistica contro tre semifinaliste che hanno un budget sostanzialmente diverso, quindi penso che meritiamo molto credito» avverte Pallotta. Che, però, comincia a capire e a vivere la Roma.

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