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RIVISTA LA ROMA. Io che amo solo te: RICOMINCIO DA TRE

Nell’ultimo numero della storica rivista giallorossa, si celebra il momento giallorosso che la vede protagonista in Italia ed in Europa. Dopo il ‘miracolo’ avvenuto contro il Barcellona, ci troviamo a ripetere lo stesso risultato contro il LiverpoolEd è cosi che il nostro Alfio Russo ci racconta le grandi rimonte europee dei giallorossi…

Come sempre per i nostri amici digitali, un piccolo assaggio…
Vi aspettiamo in edicola!!!


LA ROMA 367 – APRILE 2018
IO CHE AMO SOLO TE: Ricomincio da tre…
di Alfio RUSSO

La più bella serata europea della nostra vita. Mai vissuta né goduta prima una vigilia tanto problematica quanto un finale così sublime. Polverizzando lo scorso 10 aprile il Barcellona grandi firme, atterrato nella Capitale carico di medaglie e vanità, sceso all’Olimpico in smoking e ciabatte, convinto di saltare in semifinale di Champions risalendo sull’aereo per casa senza nemmeno passare dalle docce a fine corsa e invece sorpreso, percosso e abbattuto come un Golia flaccido e senz’anima, la Roma si è ufficialmente iscritta a quel ristretto circolo di top club capaci di materializzare su un campo di calcio autentici miracoli sportivi ribaltando verdetti all’apparenza dati già per archiviati e, più che mai nel nostro caso, riscattando in novanta adrenalinici minuti di assoluta perfezione un malinconico passato speso in giro per il vecchio continente più a subire cocenti recuperi o veder sfumare sul filo di lana spericolati sorpassi che non a confezionare prodigiose rimonte.

Stavolta invece l’epilogo, inedito nella storia giallorossa per premesse, complessità e dimensioni e mai così allegramente elettrizzante, ha rappresentato uno straordinario riscatto in cui l’impossibile si è tramutato in improbabile, il verosimile in concreto, l’indiscutibile in indelebile.

E meravigliosamente unico poiché, prima di Džeko, De Rossi e Manolas, protagonisti del sedicesimo tre a zero continentale dal 1963 ad oggi, mai la Roma nella sua storia aveva saputo annullare un gap così ampio in una sfida ad eliminazione diretta, riuscendo in sole tre occasioni precedenti ad acciuffare romanzesche qualificazioni partendo dal doppio handicap accumulato nelle gare d’andata.

C’era una volta la Roma che regalava a sé stessa e ai suoi sostenitori piccole grandi imprese europee da conservare come gemme nello scrigno della memoria, affetti familiari da cui farsi coccolare nei momenti più magri della nostra storia. Tutte o quasi curiosamente in UEFA, la coppa più di frequente visitata dai giallorossi.

L’Oester Vaxjoe di Nordahl, schiantato nel 1975 dalle prodezze del compianto Stefano Pellegrini e di Loris Boni, alla sua unica marcatura giallorossa. Il fortissimo Colonia di Schumacher, Bonhof, Fischer e Allofs, cappottato nello stesso torneo sette anni dopo dai lampi di Iorio e Falcão.

Il Norimberga, eliminato nel 1988 in casa propria, dopo un insensato ko al Flaminio, grazie ad un raro lampo extratime di Renato Portaluppi. Il Broendby, anno di grazia 1995, bocciato dal siluro di Amedeo Carboni, innescato da un sontuoso tacco smarcante del diciannovenne Francesco Totti. L’oscuro Gaziantepspor, sorpassato nel 2004 dalla travolgente follia di Antonio Cassano. E infine il pericolosissimo Shakhtar, fatto fuori negli ottavi dell’attuale Champions League dal guizzo decisivo di Edin Džeko.

Non da meno, se permettete, anche le rimonte realizzate a perdifiato nell’arco dei novanta minuti di una stessa partita. In pochi ricordano come la Roma, nella semifinale di ritorno della vittoriosa Coppa delle Fiere 1960-’61, dopo il 2-2 di Edimburgo, si trovasse sotto di due gol contro gli scozzesi dell’Hibernian, prima che Manfredini e Lojacono riequilibrassero il risultato che, come da regolamento dell’epoca, consentiva ai giallorossi di ottenere lo spareggio, ultimo scalino da salire verso la doppia gloriosa finale con il Birmingham.

Come dimenticare allora il triplice recupero nelle tre drammatiche semifinali dell’aprile 1970 in Coppa delle Coppe al cospetto del Górnik Zabrze, quando Salvori, Scaratti e Capello riagguantarono i polacchi in fuga prima della beffarda monetina di Strasburgo? E perché non citare infine il successo interno del 2010 contro il Bayern e il recentissimo pari di Londra in casa-Chelsea, giunti entrambi nelle fasi a gironi di Champions League? Ovvero, come sprofondare sotto un duplice svantaggio e poi tornare a riveder le stelle grazie rispettivamente ad un rigore di Totti e al solito, determinante Džeko…

(…)


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