COLPI DI TACCO di Mario BIANCHINITOP

COLPI DI TACCO di Mario BIANCHINI

Un metacarpo per la vittoria…

Il metacarpo, per chi non lo sapesse, è un osscino della mano terribilmente doloroso in caso di trauma accidentale, come è accaduto a Di Francesco al gol liberatorio del pareggio con l’Atalanta.

Fatterello di cronaca senza importanza ?
Ma nemmemo per sogno.

Benvenuto tu sia “colpi di tacco” . Da giorni salto come un grillo. Non vedevo l’ora di sfogarmi su un episodio emblematico, strepitoso, ricco di significati, troppo in fretta accantonato. In esso c’è un tocco da libro cuore che al di là della retorica, non guasta in un mondo frenetico come quello del pallone.

L’eccessiva umiltà di Di Francesco , protagonista della bella storia giallorossa, avrebbe desiderato meno clamori che alla fine però costeranno una bella tiratina d’orecchi al tecnico abruzzese.

In questi giorni di ricorrenti polemiche, che lo proiettano nel consueto ruolo di parafulmine, avrebbe potuto sottilmente servirsene per ribattere “io ci metto faccia e metatacarpo aggiunto, e voi mi ripagate con le vostre scialbe prestazioni ?.

Pochi avrebbero potuto da ridire.
Qui non si tratta di mettere in discussione il 4-3-3 o altri diavoli di moduli che tolgono al calcio il sale della fantasia.
Se manca la furia agonistica, non c’è Pitagora e le sue tabelline che possano soccorrerti.
Il discorso è di tutt’altra natura.

Non ci siamo caro mister, quando fai opera di pentimento nel giustificare la mano sinistra fasciata, come farebbe un monello contrito per essere stato sorpreso con le dita nella marmellata.
Nascondi quell’arto dietro un pudore che non esiste.

Tutto sbagliato. Non devi rimproverarti di nulla, semplicemente perchè il tuo gesto nasconde un valore morale non comune , passato in sordina tra il frastuono di risultati negativi prematuramente dramatizzati come avvienene spesso dalle nostre parti. .

In un mondo avaro di buon samaritani, non puoi toglierci il piacere di esaltarne uno che veste i nostri colori.
Caro mister Eusebio dovresti sentirti pieno d’orgoglio per aver “sacrificato ” un metacarpo alla causa romanista.
Guarda cosa fanno i tuoi celebri colleghi. Sono caricature in fotocopia . Basterebbe riavvolgere la pellicola.
I fotogrammi scorrerebbero tutti uguali, per una recita di grande effetto. Prima della gara sistemano una grande bottiglia accanto alla panchina. Badando bene che l’involucro sia di plastica morbida somigliante al vetro, lo mettono a portata di piede.

Appena si presenta l’occasione per gioia o per rabbia (non inporta) a dimostrazione dell’ “attaccamento alla maglia “, la prendono a calci furibondi.

Volano schizzi come farfalle , i panchinari fingono di ripararsi, la gente che non è scema, finge anch’essa di stare al gioco, ride a crepapelle.
Una perfetta ‘gag’ d’avanspettacolo.

Ben diverso, caro Eusebio, è stato il tuo bel ceffone partito dal cuore e finito di schianto sui bordi della panchina.
Quello era furore onesto come si conviene ad un allenatore che ha dipinto in petto lo stemma giallorosso.

Quà la mano, anzi la guancia per una carezza della tifoseria che sa distinguere le sceneggiate sudiate a tavolino, dalla reazione genuina che non tiente conto di dove andrà a sbattere l’incolpevole mignoletto.

Quindi niente scuse, Esse lasciale ai teatranti della panchina i quali non avranno bisogno di fasciature, complice la fragile bottiglieta d’acqua minerale.

A Milano avresti avuto voglia di ripeterti. Ma saggiamente non l’hai fatto . Tu stesso, a fine gara, hai ammesso di aver sbagliato modulo e formazione.

Non è più tempo di mettere a rischio, gambe, ginocchia , stinchi o altri metacarpi , ma piuttosto strizza le meningi, anticamera delle idee.

Se pensi che il modulo a te caro del 4-3-3 sia il più congeniale , portato avanti risolutamente.Non cedere alla tentazione della gran caciara di suggerimenti la quale non aspetta altro per canzonare il sacrificio di un altro metacarpo .

Di buon samaritano ce n’è uno , orgoglio e passione degli innamorati romanisti.
E se proprio ci tieni, dona alla causa un’altra falange, ma che stavolta sia quella del successo.
Non ti pentire. Provaci ancora Eusebio

 



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