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PARMA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Coi rigori di Juventus – Sampdoria negli occhi, vediamo la maglia di Dzeko che si tende, con estensione percepibile anche dagli spalti, con lo strattone che provoca la caduta del numero nove romanista. Il risultato è che lui quasi rischia l’ammonizione, oltre allo strappo della maglia. Questo è un rigore che si può dare, di per sé; se paragonato agli altri, diventa monumentale, sacrosanto. Se c’era una cosa che poteva rovinare la possibilità di utilizzo del VAR questa era la discrezionalità assoluta circa la sua consultazione: fatto, come scriverebbe qualche politico emergente.

Poi parliamo della partita, di un primo tempo in cui Olsen è senz’altro protagonista, molto più di Sepe, in quanto le accelerazioni parmensi sorprendono in qualche frangente il centrocampo romanista e, conseguentemente, il reparto arretrato, Fazio in testa.

La Roma invece conclude ma senza inquadrare lo specchio, il più delle volte. Fa bene Cristante a tentare, senza esitazioni, la soluzione dalla media distanza, perché è nelle sue corde.

Si capisce abbastanza presto che il Parma ha improntato la sua partita al presidio tattico e all’attesa degli spazi che possono aprirsi quando si sfilaccia il palleggio romanista. Di certo la disposizione sottopalla dei ducali esige un lavorìo lucido a livello di manovra.

Peccato che il tempo si chiuda con il giallo, giusto, comminato a Kolarov.

Sul crinale dell’ora di gioco si susseguono episodi che ne mutano il volto e ne fanno vibrare l’equilibrio: prima il vantaggio della Roma, con stacco puntuale e girata di testa millimetrica di Cristante; poi l’infortunio a Manolas, che chiama subito il cambio e priva la Roma del guardiano più tempista ed efficace. Dentro Juan Jesus.

Nel frattempo è cresciuta l’autorevolezza del possesso palla della Roma, con N’Zonzi che è avanzato di qualche metro e che pulisce decine di palloni, rivitalizzandoli. Continuate a dire che fa passaggi di due metri, come quelli che guardano il dito e non sanno mai individuare la luna.

Bello il sinistro con cui Ünder, cerca il lampo del raddoppio al settantesimo, con tanto di deviazione appena percepibile.

Comincia nell’ultima parte di gara a montare la marea del nervosismo, soprattutto parmense, con Manganiello che, nel tentativo di sedare le tensioni, appare autorevole come un giovane amministratore di condominio.

Staffetta ZanioloPellegrini: solo per questa partita ci auguriamo di dover utilizzare questo termine.

A proposito di Pellegrini, è subito nel vivo dell’azione con cui consegna, dopo essersela fatta consegnare da Kolarov, la palla del raddoppio a Ünder, che su Sepe in uscita non perde tempo ad angolare il rasoterra quel tanto che basta. Diventa corposa, ora, al di là del dato numerico, la superiorità giallorossa. Su un campo non facile. Guarda caso con i rientranti che hanno invertito, ognuno per la propria parte, il trend del rendimento collettivo, a cominciare da Perotti nella gara precedente contro il Sassuolo. Un’attenuante che il tecnico meritava, indipendentemente dal giudizio sul suo operato.

Schick per Dzeko, ancora un po’ imballato ma al tempo stesso già vivo nel cercare la conclusione. Giusto il cambio, anche per la tempistica. Potrebbe essere molto più la Roma a triplicare che il Parma a dimezzare lo svantaggio, negli ultimi minuti: segno inequivocabile di efficacia e, soprattutto, fiducia ritrovate.

Si chiude così, con un successo netto è importante, in casa di un’avversaria tosta e organizzata, il 2018 giallorosso. La sensazione è che ci ricorderemo di questo pomeriggio d’inizio inverno allo stadio Tardini.

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