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Di Francesco in bilico. Roma, dove i tecnici finiscono tutti allo stesso modo

(LA REPUBBLICA, Bocca) – Non c’è dubbio che a Roma – la metà della Roma giallorossa, s’intende – lo psicodrammone della squadra allo sbando e dell’allenatore nel pentolone delle barzellette anni 60, piaccia. Una specie di illusorio appagamento della fame. Non è un piacere nel senso di gioia o felicità ovviamente, ma soddisfazione nel senso di quel surrogato di emozioni che comunque sostituisce e in parte addirittura riempie quel vuoto di vittorie che comincia a essere vasto come il deserto dell’Arizona: si parla ormai della Coppa Italia del 2008.

Una forma di inquietante sadomasochismo. Sadomasochismo perché a Firenze, quarto di finale di Coppa Italia, basterebbe perdere “normalmente” anche due a zero, o tre a uno, e nessuno tutto sommato se ne lamenterebbe oltre i limiti. Certo si sarebbe bofonchiato parecchio, si sarebbe discusso ugualmente l’allenatore, si sarebbe aperto un processo pro forma, di facciata, ma sostanzialmente non sarebbe accaduto nulla. Se però di gol ne prendi 7 – e nemmeno dal Manchester United o dal Bayern Monaco stavolta – finisci dritto nel pentolone delle barzellette anni 60. Mentre tutti intorno ballano spiritati, pregano e invocano  l’intervento pagano del dio Totti che faccia finalmente piovere per far cessare tale mortifera siccità. Per uscire dalla parabola, molto più prosaicamente la squadra è stata aspettata nella notte a Roma e il pullman dei giocatori accolto a forza di lanci di uova, sassi, insulti, contestazioni. Giocatori, allenatore e dirigenza si sono chiusi a Trigoria per cercare di capire come uscirne fuori. Se una via d’uscita realmente esiste…

L’incubo della sera di Firenze è uno dei tanti, ricorrenti falò di umori, veleni, ripicche, antipatie gettati nel famigerato pentolone delle barzellette a far diventare mefitico il brodo che bolle l’allenatore. Fino a quando non sarà cotto a puntino e dunque esonerato o mandato via. Tanto prima o poi sarà cotto no? Basterebbe scorrere la lista dei principali allenatori degli ultimi 15 anni della Roma – Spalletti, Ranieri, Montella, Luis Enrique, Zeman, Garcia, ancora SpallettiDi Francesco – alcuni dei quali ottimi se non straordinari professionisti, alcuni altrove addirittura vincenti, per capire che a Roma l’allenatore è solo un pretesto, un professionista che deve trasformarsi in santone o stregone per sopravvivere al sabba che impazza intorno a lui. Ma molto probabilmente, bravo o scarso che sia, prima o poi, farà la fine degli altri…

E’ sicuro che Eusebio Di Francesco sia colpevole, e che la partita di domenica sera col Milan sia adesso, nel più ovvio e scontato dei copioni calcistici, la classica ultima spiaggia. Che per altro ce ne sono state già parecchie anche prima… La Roma ha completamente perso la testa, mostra da tempo preoccupanti segni di cedimento tecnico e psicologico, al minimo contrattempo la squadra per intero esce dalla partita, si arrende senza condizione.

Si hanno problemi ovunque, dal portiere (Olsen) al centravanti (Dzeko) fuori di testa alla Higuain e che insulta l’arbitro in faccia facendo credere addirittura di avergli sputato addosso, dagli anziani acciaccati (De Rossi) ai giovani inconsistenti (Kluivert jr), dai professionisti più smaliziati (Manolas e Kolarov) ai ragazzotti già eletti al rango di Messi (Zaniolo), dalla difesa colabrodo all’attacco mai uguale a se stesso, dall’impostazione tattica “ad minchiam” direbbe il professor Scoglio alla (in)consistenza tecnica di alcuni, dalla preparazione fisica alla fragilissima tenuta psicologica. Per aggiungerci poi, dall’esterno, l’eterno “mercato creativo” e la sentenza tombale che la Roma le ha prese spesso da squadre molto meno ricche e societariamente meno attrezzate. Poteva poi mancare la classica “fake new” che la squadra ha giocato contro l’allenatore? No, non ci si priva di nulla a Roma. Per non parlare poi dello stadio che ci finisce sempre in mezzo come il prezzemolo. Tanto poi tre gol te li rimontano allo Stadio Azzurri d’Italia o al Franchi di Firenze.

Ma è lo stesso Eusebio Di Francesco – il baricentro attuale della crisi – che bene o male lo scorso anno ha portato la Roma al terzo posto e in semifinale di Champions League. Non è sicuramente un incapace, anzi forse è addirittura un bravo allenatore. Ma in questo momento non regge, sbaglia molto, è in fase di black out. Tutto il resto fa parte della più classica e pittoresca “massimosistemologia” giallorossa. E’ ovvio e scontato che il prossimo allenatore – sia o meno Paulo Sousa – prima o poi farà la stessa fine del suo predecessore.

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