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SPAL-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Se qualcosa di oscuro ancora sfiora il nome di Giuliano Taccola, è soltanto il residuo di mistero che ancora circonda la sua fine; l’oblio della dimenticanza invece non lo ha mai nemmeno sfiorato e cinquant’anni dopo tifosi che non lo hanno mai visto segnare, forse nemmeno in filmati di repertorio, lo piangono e rimpiangono nello striscione che campeggia nel cuore del settore ospiti dello stadio “Paolo Mazza”.

Una cosa si capisce subito, o quasi: la Spal è in difficoltà preventiva, va in affanno da sola anche quando deve gestire il pallone in assenza di pressing romanista, come dimostrano certi avventati appoggi orizzontali di Vicari e compagni.

Però la Roma di Claudio Ranieri sembra più interessata a guardarsi allo specchio, senza per questo rimirarsi, per capire quanto e come le stia bene il nuovo abito tattico: come se non le interessasse vestire i panni del carnefice, contro una potenziale vittima sacrificale (basta guardare i numeri dei ferraresi nelle ultime settimane).

Non è ammissibile prendere un gol come quello di Fares, questo è indiscutibile; possiamo poi discutere e dividerci sulla percentualizzazione delle colpe, anche se pure questo è difficile, visto che appare macroscopico il ritardo di Karsdorp nel leggere la traiettoria del cross di Cionek, così come è manifesto il deficit di reattività di Olsen su un colpo di testa che è certamente ben indirizzato, ma non certo inesorabile.

Che dire di Schick? Rondini di preziosismi tecnici che non fanno primavera; non ancora perlomeno.

Ancora peggio del non prevedibile svantaggio è la perdita di lucidità della Roma: la prima spia si accende in occasione di un fallo di frustrazione di ‘N’Zonzi che costa il giallo al Campione del mondo, poi il nervosismo deflagra soprattutto quando Dzeko somatizza le provocazioni becere di una parte della tifoseria di casa.

Era accaduto a Frosinone: che stia diventando anche questa una “perla” da aggiungere alla parure del malcostume dei nostri stadi?

Quando Rocchi manda tutti negli spogliatoi dopo i primi 45’, Dzeko trova anche il modo di farsi ammonire: certamente condannabile la sua perdita di controllo, ma cosa debbono avergli cantato i tifosi ferraresi e cosa deve aver sentito da qualche avversario per aver reagito così?

La ripresa (speriamo in senso letterale) per la Roma inizia con un cambio sostanziale sulle corsie esterne: fuori El Shaarawy e Kluivert, non pervenuti, dentro Perotti e Zaniolo.

Minuto 51: Zaniolo piazza la prima, vera accelerazione romanista; palla nel corridoio per Dzeko, trattenuto platealmente da Cionek (perché solo ammonito?) in area. Rigore. Dal dischetto Perotti fa scivolare il pareggio come il triciclo nel corridoio dell’hotel di “Shining”. Si spera che cominci ora un’altra partita.

Di certo, i cambi di Ranieri hanno già avuto un senso.

Minuto 57: la Roma è mal disposta su una incursione di Petagna e compagni, ma sull’attaccante di casa Juan Jesus esibisce semplicemente una spallata da difensore. Rocchi prima indica il dischetto, poi chiede lumi senza beneficiare dei filmati. Rigore confermato. Dubbi enormi. Petagna trasforma, anche se Olsen aveva intuito.

Roma danneggiata, palesemente, in questo frangente. Si potrebbe anche discutere sulla posizione di fuorigioco di Antenucci, all’inizio dell’azione, anche se la palla era poi finita a Petagna.

Continua a esibire un calcio nitido Zaniolo, in fase di rifinitura e di accelerazioni, ma è una cattedrale nel deserto la sua vivacità. Piovono altri cartellini, peraltro giusti: Perotti, poi Missiroli che abbatte Dzeko sulla trequarti.

Al netto degli episodi incriminati, la Roma continua a non mostrare quella fame e quella carica agonistica con le quali dovrebbe cercare di riprendere in mano partita e risultato. Cambiano le guide tecniche ma questo resta il mistero annoso di troppe partite, non solo in questa stagione.

Ma Schick? Si rivede dopo una montagna di minuti per una combinazione con Dzeko. Ancora meno che poco, bisogna dirlo.

La partita, dal minuto 70 in poi, diventa uno spezzatino condito dalle sceneggiate dei giocatori della Spal in seguito a ogni caduta, rosolato dal lassismo di Rocchi che non sollecita la ripresa del gioco.

Minuto 75: Semplici manda in campo Reggini per Lazzari, esausto.

Traversa di Cionek al minuto 79, indisturbato e solo nel colpire di testa su cross da destra di Missiroli.

Nel frattempo, tardivo l’ingresso di Santon in luogo di Karsdorp. Schiattarella per Kurtic nella Spal.

Perché gli unici a dare l’impressione di dannarsi l’anima sembrano essere o in effetti sono Dzeko e Zaniolo? Cosa, eventualmente, giustifica questo atteggiamento? Una dirigenza efficace che tipo di misure adotterebbe all’interno e, per quanto riguarda i torti subiti, in che modo si farebbe sentire?

Intanto i minuti scivolano in un gorgo di inutilità in cui la Roma stessa sembra precipitare, come se nei primi piani ci fossero ancora lo sguardo perso di Di Francesco in panchina, quello inutilmente assorto di Monchi in tribuna, dove l’espressione di Francesco Totti è il paradigma di tutto il nostro smarrimento. Prima o poi si potrà dare la colpa a qualcuno: almeno questo speriamo di potercelo permettere.

Intanto i minuti di recupero servono soltanto alla Spal, per edificare il suo muretto di punti sopra la soglia del pericolo in classifica.

Smettiamola, perlomeno, di parlare di quarto posto: cominciamo a studiare la pronuncia di certi trasferte remote dell’Europa League.

Al netto dei torti subiti, nessun dio aiuta chi non vuole aiutarsi.

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