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Quattro finali per Ranieri

(IL TEMPO, Austini) Mai in Paradiso. Ma conta entrarci alla fine. L’Atalanta conferma la dura legge con cui deve convivere, per suoi demeriti, la Roma quest’anno: non è mai stata tra le prime quattro in classifica alla fine di un turno di campionato. La vittoria sul Cagliari unita al ko del Milan a Torino le hanno concesso di respirare solo per due giorni l’aria di Champions, ma ieri sera, puntuale, l’Atalanta, seppur soffrendo, si è riportata avanti battendo l’Udinese.

Ranieri, quindi, deve continuare a rincorrere. Ha ereditato una Roma al quinto posto da Di Francesco, con un derby appena perso in malo modo e un’eliminazione dolorosissima a Oporto, e sempre lì si trova, anche se è riuscito a ridurre a un punto il gap dalla quarta: il giorno del suo insediamento c’era l’Inter a +3 e il Milan a +4. È proprio l’armata di Gasperini ad aver recuperato più terreno – quattro lunghezze – sui giallorossi durante la gestione Ranieri, che più dei risultati ha riportato equilibri e sicurezze nella squadra.

Il trend è positivo e la scia le speranze aperte, grazie a tre successi nelle ultime quattro gare e un solo gol subìto da Perisic a San Siro. Nell’altra area, poi, le cose continuano a funzionare: con 61 reti all’attivo l’attacco della Roma è il quarto migliore del campionato. Ma non basta ancora per ottenere il quarto posto. «Tutti uniti per queste quattro finali» ha scritto ieri sui social Alessandro Florenzi, affidandosi a un slogan piuttosto abusato ma calzante.

Calendario alla mano, i prossimi due impegni saranno senz’altro decisivi per le sorti dei giallorossi. Prima a Marassi contro il Genoa di Prandelli, dove la doppia vittoria stagionale manca da undici anni, poi in casa contro i campioni d’Italia della Juventus, che hanno già dimostrato con l’Inter di non voler concedere regali alle rivali di sempre. Chiusura nello stadio del Sassuolo e all’Olimpico col Parma, un deja vu del 2001 quando in palio, però, c’era una posta decisamente più grande.

Per la Roma stravolta e mal gestita di quest’anno la qualificazione in Champions (sarebbe la sesta di fila) non varrebbe uno scudetto ma comunque tantissimo, per continuare a programmare in grande. Una società che non riesce ad autofinanziarsi senza ricorrere alla cessioni nell’anno in cui disputa la semifinale del torneo più ricco, figuriamoci quanta fatica farebbe a mantenere gli equilibri finanziari perdendo del tutto l’«oro» della Champions. La motivazione unisce società e allenatore, perché riportare nell’Europa che conta la Roma sarebbe un’altra perla da incastonare nella carriera di Ranieri. Un uomo che ha conquistato tutti in poche settimane a Trigoria, anche chi – e non mancavano – lo aveva riaccolto con un certo scetticismo.

E i giocatori? In Champions vogliono sempre starci e per chi sa già di cambiare aria nella prossima stagione c’è comunque un premio da riscuotere come da contratti individuali e di squadra. Insomma gli stimoli sono massimi, a Trigoria si respira una nuova aria di fiducia e si punta a fare l’en-plein nelle ultime quattro «finali» per non lasciare nulla di intentato. Sulla carta potrebbero bastare anche 10 punti grazie a qualche stop preventivabile delle rivali, ma di terreno la Roma ne ha già perso fin troppo ed è vietato fare calcoli.

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