RASSEGNA STAMPATOP

Chi lascia andare Francesco sceglie un calcio senza cuore

(CORRIERE DELLA SERA, Veltroni) Il calcio è in primo luogo un sentimento. Non si spiegherebbe perché milioni di persone affidano la dimensione ludica della loro vita a ventidue uomini che rincorrono un pallone. Il calcio è poesia, è epica, è scienza, è arte, è psicologia, è avventura umana, è senso di appartenenza, è passione, è sogno. Ma è sempre, comunque, sentimento. Chi, all’Olimpico o in tv, ha assistito all’addio di Francesco Totti al calcio ha vissuto un momento che sarebbe difficile definire solo all’interno di una dimensione sportiva. Non credo sia mai successo qualcosa di simile, nello sport mondiale. [..] Posso immaginare cosa significhi per lui rinunciare al club al quale ha dedicato tutti i suoi anni e tutta la sua passione. Se fosse andato al Real Madrid avrebbe vinto tutto e a casa avrebbe forse un pallone d’oro. È restato a Roma per amore della maglia e dei tifosi. È stato ripagato da un amore infinito, paragonabile solo a quello che i napoletani vivono per Maradona. Ma Totti è di Porta Metronia, ha indossato solo una maglia per tutta la vita. Io penso che mettere in condizione Totti di lasciare la società, come prima mettere in condizione Daniele De Rossi di lasciare la squadra, sia recidere quel sentimento senza il quale il calcio diventa un esercizio meccanico. Per Totti è forse il momento più difficile della sua vita. E non meritava che questa lunga storia d’amore finisse così. O, meglio, così fosse interrotta. Non so chi paghi un prezzo più alto, nella separazione dell’immagine di Totti e di quella della Roma. Temo la società, già in difficoltà. Che avrebbe dovuto dare a Totti un ruolo reale e responsabilità tecniche definite. Il nuovo Milan richiama Maldini e Boban, la Fiorentina si ripromette di farlo con Batistuta, il Chievo affida la presidenza a Pellissier. Tutti cercano di cucire passione e bilanci, risultati e sentimento. Il calcio moderno è la sintesi di emozione e business. Mai solo l’una, mai solo l’altro. Non capirlo è sintomo di lontananza assoluta dall’organo che, nel calcio, conta molto più dei piedi: il cuore.

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