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ROMA-LECCE. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Tutto, meno che una domenica normale. Anzi, per paradosso, è anormale che Roma – Lecce si disputi regolarmente. È anche una sorta di privilegio, per il pubblico dell’Olimpico, compresi i tremila accesissimi sostenitori provenienti dal Salento per sostenere i loro giallorossi, quelli senza l’ocra e il pompeiano. 

A rendere particolare la domenica ci si è messo anche il contenuto delle dichiarazioni di Paulo Fonseca, in una delle sue conferenze più pregne di contenuti e spunti di riflessione, soprattutto per quanto riguarda i passaggi su Pellegrini, cui ha rinnovato la fiducia proprio nel momento di difficoltà, e sugli obiettivi della Roma, che secondo l’allenatore portoghese non sarebbe da bocciare qualora non dovesse raggiungere il quarto posto. Cicero pro domo sua, non è una colpa; poi, si potrà essere più o meno d’accordo, a fine stagione, circa il dato tecnico. Diverso il discorso economico, come sappiamo, ma al tempo stesso anche scontato in partenza. Avremmo evitato il roboante paragone con Klopp, ma sono punti di vista anche questi. 

Come si presenta questa partita? Particolare è l’avversario, che nei numeri e nell’identità tattica sovverte i cliché della lotta per la retrocessione: bene, meglio delle dirette concorrenti per numeri e trame in attacco; arrendevole in copertura per ciò che concerne le statistiche dei gol presi e dei duelli nella propria metà campo. Manca Falco, per fortuna della Roma, perché si tratta dell’attaccante che esibisce la maggiore naturalezza nel saltare l’uomo.  

C’è Mancini in coppia con Smalling, al centro della difesa; Peres a destra e Kolarov a sinistra; in mezzo Cristante e Veretout; sulla trequarti le scelte meno attese, forse: Under e Mkhitaryan accanto a Pellegrini. 

Meglio, molto meglio che contro il Gent l’approccio della Roma alla partita: più concretezza e manovra più fluida, sempre con Edin Dzeko punto di riferimento offensivo a trecentosessanta gradi. 
Il vantaggio, con il pregio dell’estetica, dà ragione alle scelte di Fonseca: sbaglia Petriccione e Mkhitaryan, oggi ispiratissimo, offre un cioccolatino di esterno destro per Under che con perentorietà scrive l’uno a zero sul tabellone. Anche nel caso del fulgido raddoppio la rifinitura è più bella della conclusione: stavolta è Dzeko che lungo l’out sinistro offre una palla coi giri contati a Mkhitaryan che entra come una lama nel burro cesellando il due a zero.
Un grande Smalling; un Kolarov più concreto e autorevole rispetto alla gara col Gent di giovedì scorso. Aspettando Lorenzo Pellegrini, che avrebbe avuto in un paio di occasioni la palla del gol e in entrambe l’ha gettata alle ortiche, pur avendo partecipato con qualità alla manovra. 
Però, Pellegrini non rientra. Tocca a Kluivert; sfumatura psicologica di Fonseca che procede nell’intervallo, preservando Lorenzo da un dissenso che, comunque, al momento dell’annuncio non c’è stato. 

A ridosso dell’ora di gioco, come al solito è calato Under, che puntualmente viene rilevato da Carles Perez. 

È il Lecce che si affaccia con un po’ di coraggio in più o la Roma che abbassa i ritmi per mettere in ghiacciaia la partita? 
Fuorigioco? FuoriDzeko? No, tre a zero, anche se con boato differito. 

Ora sì, ora Accademia, con la maiuscola se si pensa a certi preziosismi tecnici ammirati oggi pomeriggio. 
Kolarov, su assist di Carles Perez: quattro a zero. 

Adesso in Belgio, con tanta convinzione e molti romanisti al seguito. Romanisti brava Gent.  

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