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ROMA-VERONA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Per le scelte bisogna aspettare la distinta ufficiale: ormai abbiamo imparato le modalità del Fonseca post-COVID, quindi per le conferme dell’undici titolare, a cominciare da Pau Lopez la cui scelta stasera è obbligata, ma che ora potrebbe giocarsi il posto bisettimanalmente con il reattivo Mirante delle ultime partite. 

La sintesi delle dichiarazioni del tecnico portoghese è articolata nei seguenti punti: dopo due vittorie si lavora meglio; il Verona è una squadra molto particolare e difficoltosa da affrontare; come bisognava lasciarsi alle spalle le sconfitte, così bisogna fare con le vittorie. 

Sorprese poche, curiosità essenzialmente una: Kolarov sulla linea di difesa a tre, teoricamente almeno, perché potrebbero essere contemplati cambi di consegne con Spinazzola. Osservazione sull’assenza di Carles Perez dal primo minuto: questa partita, anche per la “denuncia” di Juric circa lo stato fisico del Verona, può essere decisa nella seconda parte: ecco che, allora, un subentro dell’ex Barcellona potrebbe essere decisivo. 

Bellissima la livrea blu, per la Roma; apprezzabile l’esordio; discutibile il primo rigore per la Roma, il classico penalty che se ti danno contro ti arrabbi. Perché abbiamo detto “il primo”? Perché dopo ce n’era uno molto più netto su Dzeko. 

Ma al di là della noia del dover parlare di questioni arbitrali, si vedono cose più che apprezzabili quando la Roma, udite udite, va a morsicare la trequarti. Le cose più belle sbocciano dal sinistro di Mkhitaryan: rilancio a rientrare con i giri contati quasi dall’interno dell’area della Roma prima; dopo, un fendente di sinistro piazzato con la coordinazione reinventata quasi in caduta, quando sembrava essere sbilanciato dall’avversario. 

Bene Ibanez; molto bene Kolarov in copertura; saggio Diawara e solito moto perpetuo di Veretout. 

Pallone in confezione regalo dal sinistro di Spinazzola, testa di Dzeko a superare Manfredini: il tempo si chiude col doppio vantaggio romanista. 

La contesa si riapre con la combinazione Zaccagni – Pessina e il gol degno di Romario di quest’ultimo: tacco di prima intenzione, spalle alla porta, con Kolarov addosso. Giù il cappello. 

Strano secondo tempo: l’organizzazione e l’identità del Verona brillano più che nel primo; la Roma pero si ritrova sui piedi perlomeno tre match-ball: Dzeko, Mkhitaryan, ancora Dzeko. 

Capitolo Pellegrini: al momento in cui esce, se fossimo stati a scuola non avremmo dato più di un sei meno. Per uno coi suoi mezzi, continua a mancare il soldo per fare una lira, come dicevano le nostre nonne. 

Dall’ingresso di Zaniolo in poi – peccato per quel cartellino rimediato per un intervento scomposto – la Roma tiene a bada meglio il fraseggio scaligero e produce altre occasioni. 

Alla fine la stanchezza attanaglia entrambe le compagini, comprensibilmente; a generare pericoli nel finale, però, è rimasta la Roma che, proprio per questo, ha meritato i tre punti. 

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