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TOTTI “Camminerò sempre a testa alta perché mi sono allenato”

L’ex capitano giallorosso Francesco Totti si racconta in una lunga intervista su Vanity Fair. Queste alcune delle sue risposte:

“Non sono egocentrico. Non sono uno a cui piace parlare, che sogna di apparire o che smania per stare davanti alla telecamera come tanti altri. Preferisco fare tre passi indietro, nascondermi, sparire, se è possibile. (…) Soprattutto quando sei giovane, i soldi ti cambiano totalmente la vita. Cominci a pensare in grande e trovare una misura è complesso. Il primo assegno cospicuo lo ricevetti di venerdì: troppo tardi per poterlo cambiare in banca. Lo covammo in famiglia, come un uovo, fino al lunedì mattina”.

È vero che da giocatore entravi nelle decisioni della Roma?
Tutte cazzate. Non c’è un solo compagno o allenatore tra i tantissimi che ho conosciuto che possa dirmi in faccia: “Hai deciso, hai chiesto, hai preteso”. Camminerò sempre a testa alta perché mi sono allenato sul campo e non ho mai detto “fai giocare questo o fai giocare quello”. Non ho mai chiesto niente, a parte di poter vincere. È vero, volevo giocatori forti come Buffon, Thuram e Cannavaro perché non avevo nessuna voglia di fare il bamboccio mentre gli altri festeggiavano. Qual è la colpa? Dov’è?

Sul ritiro dal calcio giocato.
Sapevo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma ho iniziato a considerare l’ipotesi solo nell’ultimo anno. Nella stagione precedente avevo capito che non avrebbero voluto rinnovarmi il contratto: però, poi, ogni volta che subentravo cambiavo le partite e facevo goal. Dopo quella con il Torino, dove entrando a 4 minuti dalla fine ne feci due, me lo rinnovarono a furor di popolo. Mi sarei dovuto ritirare in quella sera perfetta, dopo l’apoteosi, come mi suggerì Ilary e ci pensai anche. Poi dopo una notte insonne decisi di continuare.

Il rapporto con Spalletti.
Più mi impegnavo, più lui cercava la rottura, la provocazione, il litigio o il pretesto. Capii in fretta che in quelle condizioni proseguire sarebbe stato impossibile. Così, per la prima volta in 25 anni di Roma, tra gennaio e febbraio, mollai.

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