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LECCE-ROMA. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI

Gini Wijnaldum pronto sarebbe un grande “acquisto”, per il quale tratteniamo doverosamente la cautela del condizionale; passeremo all’indicativo quando sentiremo echeggiare il coro a lui dedicato, con regolarità. Impatterebbe in maniera decisiva su un finale di stagione fatto di tante piccole finali, a cominciare da quella di oggi pomeriggio in Salento: vietato complicarsi la vita, perché un avversario come il Lecce di Baroni poi te la complica ancora di più. 

Squadra che in campionato vince non si cambia, quindi si riparte dall’undici che ha avuto la meglio sull’Empoli di Zanetti. Da questo tipo di vittorie, in serie, passano le possibilità di accedere all’Europa più munifica e prestigiosa. 

Primo tempo interlocutorio, sofferto e pieno di errori tecnici a livello di fraseggio per una Roma nella cui linea mediana sbaglia anche Matic. In proporzione, con le poche palle ricevute, bene l’attacco, Abraham in testa. 

Un Pellegrini più sciolto e dalla corsa più fluida, nel secondo tempo risulta una fonte di gioco aggiunta. La sensazione, dopo l’1-1 sostanzialmente giusto della prima parte, è che anche in questa occasione l’episodio decisivo possa arrivare da calcio piazzato. 

Mourinho resta con gli stessi uomini per 83 minuti, poi tocca a Wijnaldum e Belotti in luogo di Matic e Abraham. 

Capitolo Aureliano: indipendentemente da cosa abbia detto, e come, nel sottopassaggio, per parlare male del suo operato basta ciò che ha fatto, opere e omissioni: cartellini mancati, accenni di rissa concessi al Lecce, atteggiamento ridicolmente autoritario e mai autorevole. Non è la prima volta. Non è però sua la maggiore colpa se oggi alla Roma mancano due punti.