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Mou apre Trigoria, si riparte

(IL MESSAGGERO) Si riparte. Oggi Trigoria riapre i cancelli: il Mourinho-ter ha ufficialmente inizio. Non una novità ma quasi per il guru portoghese che in carriera di rado si è fermato così tanto in uno stesso posto. Le volte si contano sulla punta delle dita. Anzi, ne bastano meno: non considerando l’esperienza di appena 9 gare al Benfica, nel lontano 2000, e prendendo come punto di partenza l’avventura all’Uniao Leiria (2001), José nelle 8 squadre precedenti alla Roma è rimasto per tre anni solo al Chelsea, al Real Madrid e al Manchester United. E non sempre il terzo anno ha fatto rima con trionfi, anzi.

Ma Roma è diversa e Mou a 60 anni, per sua stessa ammissione, è un uomo diverso. L’entusiasmo con il quale è sbarcato sabato, la dice lunga sulla voglia di tornare protagonista. E quest’anno l’ obiettivo da centrare è uno: tornare in Champions. È uno step obbligato, inferiore a quello che lo Special si era prefissato alla Terrazza Caffarelli, il giorno della sua presentazione (“Fra tre anni mi immagino la Roma festeggiare. Cosa? Qualcosa…”, alludendo allo scudetto) ma comunque prestigioso. E fondamentale.

Perché la riforma della Champions che partirà dalla stagione 2024-25 (competizione allargata a 36 squadre inserite in un girone unico con 8 partite minime garantite, due in più di quelle attuali) rischia di ampliare la forbice tra chi sarà presente e gli altri che rimarranno a guardare. L’equazione è semplice e intuitiva: più partite, più soldi. Tanti soldi. Ai quali la Roma non può rinunciare. Mou ne è consapevole come è cosciente che la squadra – ad oggi – non è attrezzata per competere per l’obiettivo.

Gli arrivi di Aouar e Ndicka sono un buon inizio. Ma non bastano. E gli obiettivi circolati in queste settimane (dai sogni De Paul e Morata ai più realistici Sabitzer e Scamacca) la dicono lunga sull’esigenza di alzare il livello tecnico. La Roma è arrivata sesta (con la Juve settima e penalizzata). Serve uno scatto decisivo. Magari approfittando dell’addio di Spalletti a Napoli (con l’incognita legata alla permanenza di Osimhen), della fase di ricostruzione della nuova Juve, dell’ennesima rivoluzione che vive la Milano calcistica e dell’esame che attende la Lazio, avversario temibile quando gioca una gara a settimana ma in difficoltà quando deve dividersi con le gare europee. Tutto però passa da un rafforzamento della rosa. Che ad oggi va completata in almeno due ruoli chiave.