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Mourinho va a caccia del 27° trofeo: “E a Budapest…”

(GAZZETTA DELLO SPORT) Le parole contano davvero? Centotredici giorni fa c’era un mondo – quello giallorosso – in fiamme per la finale di Europa League persa a Budapest contro il Siviglia. L’arbitro Taylor era il nemico; agguati e complotti le parole d’ordine di spiriti bellicosi. Sembra quasi un paradosso che oggi la Roma ricominci davvero in una città, Tiraspol, dove l’odore della guerra ha l’inesorabilità del reale. La Transnistria – repubblica non riconosciuta dall’Onu – ha il cuore che batte per la Russia, mentre la Moldavia, da cui si è separata, è più vicina al nostro Occidente.

José Mourinho stasera dovrà scontare la prima delle 4 giornate di squalifiche inflittegli dalla Uefa per le dichiarazioni di fuoco seguite al match col Siviglia. Eppure la rabbia non si è ancora placata. “Io continuerò a dire – e lo farò fino all’ultimo giorno della mia carriera e anche oltre – che la finale di Budapest noi non l’abbiamo persa. E lo dirò ogni volta che parlerò di quella partita“. Adesso, però, gli tocca gestire la lontananza dai suoi. “Non sarò vicino alla squadra e non potrò comunicare – spiega – , ma mi fido del mio staff. Comunque, anche se non posso parlare con i giocatori, posso esultare ai gol“.

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