COPPA ITALIASTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

LAZIO-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Sono molto lontano dal pensiero di Sarri: per me il derby non era fine a se stesso. Doveva, al contrario, permettere alla Roma di continuare a lottare per un trofeo.

I giallorossi perdono invece 1-0 il terzo degli ultimi 4 derby: partite che si ripetono ormai uguali a se stesse, dal 3-0 romanista ottenuto da Mourinho e dai suoi, nel marzo del 2022.

A partire da quell’occasione – almeno nella stracittadina – l’allenatore laziale si è “inzaghizzato”: difesa rocciosa (le squadre di Sarri hanno sempre preso pochi goal), attesa dell’errore avversario e ripartenza.

Il fatto è che l’errore avversario, in un modo o nell’altro, arriva sempre: il problema ulteriore, per la Roma, è che non trova praticamente mai la formula per rimediarvi, in partite che sono per lunghissimi tratti veicolate sul filo del più assoluto equilibrio.

La gara di ieri è stata sconfortante perché la squadra di Mourinho ha avuto, in pratica, tutta la ripresa per provare a riprenderla. Ma ha più rischiato di subire un’ulteriore rete, che non di arrivare al pareggio.

Difficile segnare: gli esterni non saltano mai l’uomo; quando vi riescono, il cross è sempre, sistematicamente, calibrato sul primo difensore il linea d’aria. 

Sono tre stagioni che sottolineiamo questo limite: Zalewski ed El Shaarawy (uno dei pochi, ieri, ad alzare il pallone, per la rovesciata di Lukaku, bersagliato per tutta la partita da ululati razzisti) sono attaccanti, che Mourinho ha dovuto adattare a esterni per mancanze di acquisti e alternative.

Karsdorp (irritante) e Spinazzola (imbarazzante) nemmeno a parlarne: Kristensen s’impegna e in più ruoli ma il livello è quello del Leeds, squadra inglese retrocessa da cui arriva (in rigoroso prestito).

La cosa peggiore vista ieri, oltre al livello di diversi interpreti? La palla che scotta. Sempre indietro, sempre in orizzontale, sempre tanti, troppi calciatori con la paura di provare una giocata che possa definirsi “rischiosa”.

Incomprensibili – e va detto – anche alcune scelte di Mourinho: Dybala fuori (per l’ennesima volta) e dentro un Pellegrini in quelle condizioni? 

Bove adattato ma miglior esterno di tutti quelli visti in campo, sostituito (e clamorosamente colpito da una bottigliata: vedremo la Giustizia Sportiva…); Paredes, imperterrito, in campo invece fino all’ultimo?

Dybala: uno di quei pochi cui il pallone tra i piedi non scotta ma che, per ogni partita che gioca, non so più quante ne salti.

E la Roma “vive” delle sue giocate e della sua leadership tecnica, che rende molto meno abulica la manovra.

Altra incomprensione: perché non anticipare di qualche minuto il forcing finale? La Lazio era spaventata, non avendola chiusa: magari si sarebbe riusciti a fare un altro tentativo – oltre quello di Belotti – per capire se Mandas fosse un portiere o un passante. 

È ora che la proprietà esca dal silenzio, trovi un DS e (almeno) un altro dirigente conoscitore del Calcio italiano; spieghi come sia possibile doversi affidare a un diciottenne in prestito; decida cosa fare con l’allenatore; dica qualcosa sulle voci che rimandano a una cessione della Società.  

Ieri sera tutti i nodi sono venuti al pettine. 

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