CAMPIONATOSTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

ROMA-VERONA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Erano tre punti vitali e andavano presi – più di sempre – senza perdersi nei rivoli delle modalità con cui sarebbero arrivati.

Lo stadio ha la sua voce, come sempre: cori per De Rossi; fischi per quasi tutti i giocatori; cori e striscioni d’affetto per Mourinho. Un unicum, almeno nella storia della Roma, celebrare (giustamente) un allenatore appena esonerato.

Si torna a 4, con Karsdorp e Spinazzola ad attaccare la difesa avversaria, in una squadra che cerca di essere compatta e corta.

Le idee di De Rossi si scontrano presto con la realtà: il terzino olandese – lanciato splendidamente da Bove – a ridosso della porta cerca un assist anziché tirare; l’italiano, dopo meno di 30’ si arrende invece all’ennesimo problema muscolare. 

Entra Kristensen, ormai jolly per tutte le stagioni, con la Roma che aveva già trovato il doppio vantaggio.

Prima sfruttando al meglio un pallone intercettato e la giocata di El Shaarawy nel servire Lukaku; poi il tocco ancora del numero 92 per Pellegrini, autore di un gran goal e di una prova di sostanza fisica che mancava da tempo. 

Tutto facile, quindi? Solo chi è pervaso da insano ottimismo, o conosce poco la storia giallorossa, poteva illudersi di non soffrire.

Perché il Verona, alle prese con problemi societari, cessioni dei migliori e squalifiche, trova le forze nella ripresa, con la Roma che, al contrario, le vede scemare.

Goal dell’1-2 ma fallo su Karsdorp; rigore per il Verona, con Kristensen che ha la “colpa” di non cadere sotto il peso di Djurić, per quella che sarebbe stata punizione. C’è poi la troppo frequente ingenuità di Llorente, che determina il penalty. 

Per fortuna l’attaccante del Verona anticipa di qualche settimana il 6 Nazioni, mandando la palla il Nord: ma la partita è già girata.

Perché Dybala è stato in campo meno di un’ora, vissuta col solito fastidio muscolare presentatosi prima di scendere in campo.

Perché calano più o meno tutti a parte un Bove – migliore in campo – stanco davvero solo negli ultimi secondi della contesa. 

Il Verona, quindi, anziché abbattersi per il rigore sbagliato si galvanizza e accorcia le distanze con Folorunsho, il cui tiro da 30 metri viene accompagnato in fondo al sacco da un desolante Rui Patricio.

Ci si mette a quel punto il “braccino”; il fatto che i cambi – Zalewski e Belotti – non solo non diano ma quasi tolgano. 

Gli ospiti hanno addirittura l’opportunità del 2-2 con Serdar, chiuso in angolo dal numero 1 giallorosso.

Ma ci sono i tre punti, che regalano a De Rossi il migliore degli esordi lasciando comunque la convinzione che la squadra sia stata mal costruita e abbia davanti a sé un cammino complicato. In bocca al lupo a noi tutti. 

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