ACCADDE OGGICURVA SUD

ACCADDE OGGI…. 7 anni fa ci lasciava Fabrizio Carroccia ‘Mortadella’

Sette anni fa ci la sciava un grande tifoso ma anche un grande amico, Fabrizio Carroccia, al secolo “Mortadella”. Per ricordarlo, prendiamo in prestito le parole del suo amico Max Leggeri che sul numero della nostra rivista lo ricorda cosi. Ciao Fabrizio e salutaci tutti gli amici della ‘Curva Paradiso’…

L’ULTIMO RE DI ROMA di Max Leggeri
(LA ROMA 329 – Febbraio 2015)

«Che mi fa Re» recita un verso che tutti i tifosi giallorossi hanno nel cuore. E nessuno ha mai impersonato meglio quello spirito, a Roma come in Italia e nel mondo, di Fabrizio Carroccia, meglio noto come “Mortadella”. Amato da giocatori e dirigenti, rispettato dagli avversari, non si è mai identificato con un gruppo in particolare arrivando così a impersonare l’immagine del tifoso moderno dal cuore antico.
Dal momento che le leggende non muoiono mai, ad un anno dalla sua scomparsa, festeggiamo i 50 anni dell’ultimo Re di Roma, e lo facciamo attraverso le parole di chi gli è stato vicino fino all’ultimo e con lui ha diviso i momenti più felici, sempre nel segno dell’amore per i nostri colori.

Auguri Fa’. Il prossimo 15 marzo Fabrizio spegnerà 50 candeline, altro che idi,  una festa.

Il cielo si tingerà di giallo e di rosso e nella sua curva paradiso saranno tanti gli amici che interverranno e ricorderanno i suoi primi 50 anni. Ebbene si, è passato mezzo secolo da quando una trafelata infermiera raggiungeva la sala d’attesa della clinica S. Antonio a Colle Oppio e avvisava papà Claudio, mamma Mirella aveva dato alla luce un meraviglioso pupo di 3,8 kg. La leggenda narra del suo primo vagito “Forza Roma”, primogenito di una famiglia di lupi maschi, anticipava l’arrivo dei fratelli Luca e Daniele.

Aveva sei anni e mezzo quando nel bel mezzo di un pomeriggio, allora frequentava la prima elementare della scuola Angelo Mauri al nuovo Salario, gli balenò l’idea di inviare un pensierino, scritto di suo pugno, all’A.S. Roma. Erano gli anni in cui l’allora presidente Marchini cedeva i suoi gioielli, Spinosi, Capello, Landini all’avversaria di sempre; il testo, conservato gelosamente a casa Carroccia, era un semplice ma appassionato attestato d’amore nei confronti di quella fidanzata, che Fabrizio non lascerà mai più e di cui s’innamorò al primo sguardo. La risposta, perché allora le società di calcio avevano un rapporto personale con i loro tifosi, «…caro ragazzino apprezziamo la passione mostrata, ma ora pensa a crescere studiando». Quasi una sfida, a chi aveva deciso che quei colori, quella maglia, per magia sarebbero diventati una meravigliosa ragione di vita.

Piccolissimo, il tuo primo idolo diventa Jair da Costa, e dal momento che non è poi della classe di cui si innamora solitamente un tifoso romanista, Sperotto altro idolo, sette partite zero reti, delude, peccato, rimarrà una tua gioia ed un’eterna promessa.

Chissà se ride, ora pensando a te, quel barista di via Candia al quale versasti addosso il cappuccino, solo perché esageratamente laziale.

Prima trasferta a Verona, a zonzo con papà Claudio, era la Roma orgogliosa di Rocca, De Sisti, Prati , la “rometta” per altri che mai capiranno, contrariamente a noi, che chi tifa Roma non perde mai.
E poi l’epopea del Presidente al quale hai voluto più bene… un presidente, c’è solo un presidente, il più grande di sempre: Dino Viola.
L’abbraccio a Falcao sotto la sud, dopo il goal liberatorio contro l’Avellino, scolpito nei nostri occhi, eravamo lì in curva, a guardare in campo uno di noi, felici ed increduli in attesa del secondo tricolore della nostra storia, stava nascendo il mito der “Mortadella “

E poi le amicizie più intense con Giannini, Di Livio, Conti, Cervone, Carnevale, Desideri, ma forse dovremmo elencarli tutti, quelli che durante la settimana trasformavano casa Carroccia in una succursale distaccata di Trigoria.
I momenti bui, che solo tu sapevi trasformare in “mortadellate”: i pesci a Trigoria, l’adozione di cavallo pazzo, del volo aereo che ci riportò da Bordeaux, beh, chi sa, sorriderà il re dei fomenti…

E ci hai provato sino alla fine da eterno Peter Pan, l’ultima goliardica impresa nel nome di una passione, a Siena sorride ancora il presidente Mezzaroma, guardando sulla sua scrivania quella lupa, simbolo delle due città e delle legioni romaniste legate ad una speranza, peccato! Avresti chiuso in bellezza, ma lo hai fatto ugualmente, perché quel giorno a Verona eravamo ancora una volta tutti insieme, ed avremmo barattato mille scudetti in cambio di quei momenti !

Se per diversi mesi avete trovato congestionato il traffico sulla via Aurelia, in prossimità dell’ospedale S. Carlo, un motivo c’era, il Re di Roma ha trascorso lì gli ultimi momenti della sua intensa esistenza.
Gli amici, quelli di sempre, calciatori, tecnici, dirigenti, un via vai che ha trasformato un triste nosocomio in uno spazio pulsante, vitale, romano e romanista; entra il primario, il Prof Marchionne, lui sa, purtroppo sa tutto, e sorridendo dinanzi alla tua richiesta, rimane piacevolmente colpito, «…A dottò famme mette la bandiera stelle e strisce giallorosse sur balcone», sei stato Mortadella sino alla fine Fabri’, hai voluto esorcizzare sino all’ultimo saluto, quel male che ci avrebbe di lì a poco separato.
Sono stato, siamo stati, tutti bugiardi, perché non credevamo alle cartelle cliniche, ma al culto dell’amico immortale, lo è stato pure Bruno, il tuo unico Bruno da Nettuno, quando si è chinato in lacrime per abbracciarti
su quel letto d’ospedale, «Nun fa scherzi Fabrì, t’aspetto allo stadio alla prima di campionato».
E lo scherzo invece ce lo hai fatto, “er Principale “ t’ha ricordato che era ora di salutare tutti, hai chiuso gli occhi, sei sceso in campo, e sei corso verso quella curva, la tua curva… c’era Ago accanto a te, la Coppa  più desiderata al cielo,
perché quel sogno non ha  mai avuto fine.  Mai più nulla come prima, è iniziata la Leggenda… Quanto mi manchi, amico mio!”

 

 

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