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ROMA-CAGLIARI. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Fonseca, in fondo, non è mai sceso dalle montagne russe: lo sapeva e lo sa lui per primo. Una cosa non si potrà mai rimproverargli, a prescindere da stasera e da come proseguirà la stagione, dal mercato di gennaio e da eventuali prese di posizione societarie: non gli si potrà mai dire di non aver protetto la squadra, con il suo profilo e con il suo stile tutt’altro che gridato, che può piacere o no, per carità. Anche nella conferenza di ieri si è assunto il massimo delle responsabilità: non che lui non ne abbia per la solita politica dei cambi intempestivi, ma se andiamo a rivedere i video dei quattro gol atalantini, beh, fate voi. 

Detto ciò, è bene che la Roma torni in campo subito, anche perché se è vero, come è vero, che più di un senatore dello spogliatoio ha preso male la frase sul secondo tempo “da ragazzini”, beh questo sarebbe il momento di mettere in campo un surplus di tigna e motivazione, anche rabbiose e polemiche; non di far supporre per l’ennesima volta malumori che si ritorcerebbero contro il tecnico. 

Roma con Bruno Peres e non Calafiori, a sinistra; torna Villar, si siede Pellegrini, dopo i tanti colpi presi sempre sulla stessa caviglia da Roma – Sassuolo in poi. 

Un primo tempo faticoso, una Roma che definiremmo convalescente, per l’atteggiamento e la palla che ogni tanto scotta tra i piedi di Cristante e compagni. Come al solito, cartellini evitabili, a cominciare da quello con cui Pairetto punisce Cristante, il quale poi si innervosisce al punto tale da far urlare a Mirante da venir via dai pressi dell’arbitro. 

Benedetto il gol di Veretout, che appare il più dinamico; ancora una volta, almeno per il primo tempo, abulico e non molto preciso Pedro; meno incisivo Mkhitaryan, che va al riposo scuotendo la testa. Cagliari cresciuto, senza portare chissà quali pericoli dalla parte di Mirante, negli ultimi venti minuti della prima frazione. Ci vuole, ci vorrebbe perlomeno qualcosa in più per condurre in porto questa partita. 

Allo scoccare dell’ora di gioco, minutaggio forse non casuale per i ritmi e la durata della condizione giallorossa, arriva il pareggio di Joao Pedro: era nell’aria, anche e forse soprattutto per il nervosismo e la perdita di lucidità di Mancini e compagni. 

Proprio per queste considerazioni, è preziosissimo ciò che accade al minuto settantadue, quando Dzeko segue una progressione di Karsdorp sulla destra e si presenta alle spalle di Godín e compagni per depositare il due a uno alle spalle di Cragno. Per inciso: il portiere del Cagliari è il profilo, o uno dei profili ideali per la porta della Roma, senza mancare di rispetto a nessuno. 

Nella ridda delle sostituzioni, stavolta entra anche il cambio Mirante – Lopez, perché quest’ultimo deve rilevare il suo omologo vittima di un (nuovo) fastidio muscolare. 

Colpito a freddo in un suo buon momento di partita, il Cagliari si smonta e concede anche l’occasione del tre a uno: lo firma Mancini, lo inventa Smalling. 

Il rigore di Joao Pedro rammenta al mondo romanista che si deve soffrire fino alla fine. 

Son partite che valgono quasi doppio, queste, quando le vinci, perché se porti a casa i tre punti dopo aver attraversato fasi di partita caratterizzate da palesi difficoltà, mancanza di sbocchi alla manovra e crescente nervosismo, ottieni punti che potranno tornare utili quando saranno in rialzo stato di forma e soglia di serenità collettiva del gruppo. 

Buon Natale ai lettori de “La Roma”! 

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