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ROMA-INTER. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Strascichi d’uno Zaniolo all’arrabbiata e di un venturo Friedkin, col risultato che della partita, alla vigilia, si è parlato poco e comunque non quanto lo scontro meritasse. Quante vigilie così si son vissute? Troppe, certamente, ma di imparare dagli errori di un ambiente – ecco, abbiamo ritirato fuori il termine – non se ne parla: né oggi, né mai, temiamo. 

Sta di fatto che Roma e Inter si giocano più di qualcosa, in questa strana tranche di Serie A che, per loro come per Napoli, Juventus e Atalanta, prelude alla sperabile messa a punto definitiva in vista dell’esordio nell’Europa agostana che ancora deve assegnare i suoi verdetti. 

Ritmi più che apprezzabili, sin dai primi minuti, quasi pre – COVID per rendere l’idea. Prima e dopo il vantaggio dell’Inter. Era fondamentale raggiungere il pareggio prima dello scadere della prima frazione: missione compiuta con Spinazzola, ma il merito della segnatura va assegnato per un cinquantacinque per cento all’apertura di Dzeko. Farà discutere il tocco dello scarpino di Kolarov a Lautaro. Tocco, non necessariamente fallo, per l’appunto. 

Secondo tempo: meglio la Roma, per brillantezza, aggressione degli spazi, efficacia nel presidio della trequarti. Un mezzo regalo interista, per la carambola in area sull’incursione di un sempre più incisivo Mkhitaryan; un gigantesco pacco regalo di Spinazzola che in area, complicandosi la vita, calcia Moses invece della sfera. L’episodio aiuta l’Inter per il risultato, non le migliora la prestazione, soprattutto per una ripresa in calando. 

Gli uomini di Paulo Fonseca sanno, ora, al di là dei singoli episodi, di poter reggere il confronto con tutti: un tesoretto di autostima da investire sopratutto in Europa League. 

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